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MALTRATTAMENTI

«Ci disonori»: condannato il padre-padrone

«Ci disonori»: condannato il padre-padrone

di Georgia Azzali

21 Settembre 2022, 03:01

«Non porti onore alla famiglia». Il padre glielo aveva sibilato più volte da quando lei aveva conosciuto quel ragazzo con cui avrebbe voluto passare gran parte delle sue giornate. E poi erano arrivati i pugni, le minacce, le mille domande su ogni suo spostamento. Aveva già 18 anni, Sheila (la chiameremo così), ma sarebbe stata costretta a subire tutto questo, spesso davanti anche alle altre sorelle minorenni. E ieri il padre - tunisino, 53enne, ma da anni residente a Parma - è stato condannato a 1 anno e 8 mesi per maltrattamenti. Il reato di violenza privata, perché l'uomo avrebbe costretto la figlia a interrompere la relazione con il fidanzato, è stato ritenuto assorbito in quello di maltrattamenti. Il giudice ha ritenuto le attenuanti generiche prevalenti rispetto alle aggravanti e gli ha concesso la sospensione della pena.

Era stata Sheila a ribellarsi. Lei che aveva chiamato il 113 in un pomeriggio di marzo del 2021. I toni si stavano alzando: i rimproveri del padre diventavano sempre più pesanti. Eppure, quando i poliziotti erano arrivati, l'uomo era tranquillo: aveva ammesso di aver picchiato Sheila. Ma si era anche affrettato a dare una «spiegazione»: quella figlia passava troppo tempo sui social invece di studiare, considerando anche che lui sborsava 6.000 euro all'anno per l'istituto privato a cui la figlia era iscritta.

Sheila era scossa. Avvicinandosi ai poliziotti, aveva mostrato i segni sul volto dopo le botte del padre. E aveva cominciato il suo racconto di dolore. L'incontro con il fidanzato aveva scatenato una dura reazione nel padre. Le liti erano quasi quotidiane: «ti faccio fuori», ti ammazzo», le ripeteva. Ma spesso alzava anche le mani, arrivando anche a lanciarle addosso una sedia. Aveva tentato anche la fuga, Sheila: un viaggio in Svizzera, a casa di un amico d'infanzia. Era rimasta lontana da casa per quasi un mese, poi, al ritorno a casa, il padre l'aveva riempita di promesse.

Ma la tregua era durata una settimana. Sul telefonino di una delle sorelle aveva trovato alcune sue foto in giro per Parma e aveva capito che il padre la seguiva. Poi erano arrivate ancora le botte e le minacce anche nei confronti di quel fidanzato che lui avrebbe voluto sparisse dalla vita della figlia. Nemmeno la madre aveva negato le percosse. Eppure, aveva tentato (invano) di giustificarlo: «L'ha fatto qualche volta, perché lei non studiava».

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