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EDITORIALE

Accuse a Putin? Strada difficile ma nella giusta direzione

Accuse a Putin? Strada difficile ma nella giusta direzione

di Domenico Cacopardo

20 Marzo 2023, 13:00

Credetemi, non è una buffonata, ma un fatto serio e cruciale per il futuro dell’umanità.
È di ieri l’altro, sabato 18, la notizia che la Corte penale internazionale dell’Aia ha emesso un mandato di arresto nei confronti del presidente russo Vladimir Putin, come responsabile dei crimini di guerra che le sue truppe hanno commesso in Ucraina. La popolazione di questo paese ha subito, tra l’altro, deportazioni e trasferimento illegale di bambini (oltre 16.000). Secondo il comunicato della Corte, «ci sono fondate ragioni per ritenere che Putin abbia responsabilità penali individuali per i crimini sopra menzionati». Anche la Commissaria russa per i diritti dei bambini, Maria Lvova-Belova, è stata accusata dei medesimi crimini. Una Commissione d'inchiesta dell’Onu ha riconosciuto l’esistenza di prove concludenti di trasferimento illegale di bambini.
L’opinione pubblica italiana, piuttosto ignara delle funzioni della Corte, sembra incredula, soprattutto per la presunta impossibilità di dare immediata esecuzione al mandato di cattura e, dopo, a un processo.
Appare necessario, quindi, spendere qualche parola sulla Corte e sui suoi statuti.

Essa nasce, dopo un lungo lavoro preparatorio, nella Conferenza di Roma del 1998 convocata dall’Assemblea delle Nazioni Unite e diventa operativa il 1° luglio 2002. È riconosciuta come organo di giustizia internazionale da 122 paesi (2/3 dei 193 componenti delle Nazioni Unite). Può processare persone fisiche (non Stati) ritenute responsabili di crimini contro l’umanità, tra i quali il genocidio e l’aggressione in relazione a 2 condizioni riferite ai 122 stati firmatari: cittadinanza degli autori o delle vittime.
Questo schema prende atto del fatto che la Corte non ha giurisdizione nei territori dei paesi non aderenti e che non esistono mezzi di coercizione internazionale idonei a costringere gli stati non firmatari a catturare i criminali. E va messo altresì in conto che Stati Uniti, Russia, Cina e Israele sono tra i paesi non aderenti. L’Autorità statuale palestinese ha aderito.
La Corte penale internazionale va tenuta distinta dalla Corte internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite, sempre dell’Aia. Quest’ultima è organo delle Nazioni Unite e ha il compito di giudicare le controversie tra stati.
E va altresì distinta dal Tribunale penale internazionale per l’exJugoslavia (processi a Karadzic e a Milosevic) appositamente costituito dalle Nazioni Unite.
Queste distinzioni portano ad affermare che la Corte di cui si parla in questi giorni è l’unico tribunale penale deputato a giudicare crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Abbiamo visto quali siano i suoi limiti. Ma va sottolineato che non si tratta di un organo speciale di giustizia, bensì di una istituzione permanente voluta da 122 stati.
L’incriminazione di Putin e di Lvova-Belova non è un punto di arrivo. È solo un punto di partenza. L’evolversi del procedimento sarà tutto da vedere, giacché si correla al futuro della guerra di aggressione in corso.
E non è un fatto politico. È un fatto giudiziario, adottato in assoluta indipendenza della Corte dagli stati che l’hanno voluta. Esso ha di per sé chiare conseguenze morali, visto che, pur non rappresentando una condanna, costituisce un documentato atto di accusa che inchioda i 2 imputati ai crimini commessi.
Ci si domanda in giro come mai Putin e non gli altri capi di stato che hanno scatenato una guerra, pensando ai Bush padre e figlio e, in definitiva alle guerre americane.
La risposta è tecnica e politica. Gli Stati Uniti non hanno sottoscritto l’accordo di costituzione della Corte e quindi i suoi presidenti sarebbero processabili solo in caso in cui emergesse la loro responsabilità in specifici crimini di guerra in nazioni aderenti.


Anche se hanno occupato Afghanistan e Iraq e benché siano accaduti singoli episodi di criminalità bellica -peraltro in alcuni casi oggetto di processi da parte di tribunali americani (compresa la questione del carcere di Guantanamo)- non è stata provata la partecipazione di presidenti Usa a specifiche attività criminali: l’assassinio di Osama Bin Laden e di altri capi terroristi non sono stati sin qui qualificati come atti criminali.
Per concludere, la giustizia penale internazionale non è ancora un fatto consolidato. Solo il suo affermarsi e la sua crescita potranno costituire una reale e concreta dissuasione nei confronti di coloro che fossero tentati di ripetere i comportamenti di Putin e dei despoti della sua risma.
Non è quindi una buffonata, solo uno dei primi passi nella giusta direzione.
www.cacopardo.it

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