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Diario dei fiori

Mauro Coruzzi e le 30 canzoni in gara: «Alla fine è bello ciò che piace»

Mauro Coruzzi e le 30 canzoni in gara: «Alla fine è bello ciò che piace»

di Mauro Coruzzi

07 Febbraio 2024, 03:01

Non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che piace, o forse, è bello ciò che piace anche se piace ciò che bello non è? Sembra una “marzullata” ma, con lo start del Festival di Sanremo 74ª edizione, il dubbio può anche insorgere...

Com’è usuale che accada ciclicamente, le mode si susseguono e s’inseguono, tant’è che, l’immarcescibile e proverbiale aforisma «Chi segue la moda è già fuori moda».

La prima vagonata delle trenta canzoni trenta è l’espressione retorica, un ossimoro, che chi «è di tendenza» o «trendy», vale tanto quanto chi, al contrario, nulla o poco ha a che fare con ciò che oggi funziona ma che molto deve ad un passato che, proprio perché è tale, è già reperto archeologico, certo, ammirevole e giustamente rispettoso.

Se la più bella tra tutte, Clara, già vincitrice di Sanremo Giovani 2023, veste la sua «Diamanti grezzi» con stile, l’ex allegrotto Sangiovanni, depresso per la fine del suo amore (con Giulia Stabile), con «Finiscimi» pretende lo stop alla sua sofferenza, mettendo in pausa le «Farfalle» di non lontana memoria. Ci pensa Fiorella Mannoia con «Mariposa» a compilare il manifesto della donna combattiva «Sono il coraggio che genera il mondo» con un tappeto musicale Sud America & dintorni, salvo che poi l’urlo di Irama «Tu no» non ha pari quanto a intensità, potenza vocale, questo sì che è uno che canta davvero e senza trucchetti vari. Così l’avvio della prima sera, in cui abbiamo visto e sentito tanto e anche troppo, con Mengoni che ha spiegato che «le paure vanno affrontate», quella che gli ha fatto tremare i polsi negli annunci delle canzoni, con quel forte accento da Ronciglione (per carità, mica è un difetto ne un peccato), ma che denunzia come l’obbiettivo di diventare anche per una sola sera un “signorino buonasera” non si sia completamente raggiunto...

Poi ci sta l’accensione delle luminarie per omaggiare Toto Cutugno, come è bene la standing ovation (già alle prove di domenica) per Loredana Berté con «Pazza, sono sempre la ragazza che per poco già s’incazza, va beh, sono Pazza, sì pazza di me» e non ce n’è per nessuno, né per quelle con l’outfit da acquisto online con app, né per quelli che «diversamente originali», craccano le voci.

Dargen d’Amico sterilizza la tragedia dei profughi che muoiono per mare con «Onda alta» acchiappa ritmo. Hanno votato i giornalisti della sala stampa, ma alle due di notte è un «tanto in là» per darvene rendiconto.

Stasera «solo» 15 canzoni e così domani, ma non si creda che l’immane fiumana di spot e chiacchiere sarà più breve.

Al fianco di Amadeus c’è Giorgia, delle serie, anche se solo per un’occasione, una cantante diventa conduttrice.

Nei '60, in una Rai molto più piombata dell’attuale, una certa Mina conduceva «Studio Uno»...

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