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Matteo Mariotti

«Amo ancora gli squali e pratico gli sport d'acqua»

«Amo ancora gli squali e pratico gli sport d'acqua»

di Monica Tiezzi

06 Agosto 2024, 03:01

«Gli squali? Mi appassionano ancora, sono incredibili. Nella mia camera ho vari poster e diversi gadget: un cuscino a forma di squalo, una lampada a tema squalo, adesivi che avevo attaccato alle ante dell'armadio, quando avevo ancora due gambe».

Parola di Matteo Mariotti, 21 anni il prossimo 25 agosto: che mezza gamba, la sinistra, l'ha persa quando è stato attaccato da uno squalo (probabilmente tigre, lungo circa sei metri) l'8 dicembre scorso, al largo di una spiaggia non lontano da Brisbane, nord est dell'Australia.

Notizia che ha fatto il giro del mondo, perché la fasi cruciali dello scontro fra il giovane parmigiano e lo squalo, con Matteo che a fatica apre le fauci dell'animale per liberare la gamba e fuggire verso riva gridando disperatamente aiuto nell'acqua tinta di sangue, sono state immortalate dalla telecamera che il ragazzo indossava per filmare piccoli pesci, e trasmesse da molte tv internazionali.

Sono seguiti sei interventi chirurgici (nell'ospedale di Brisbane, al Rizzoli di Milano e l'ultimo, il 22 maggio scorso, al Maggiore di Parma) e diverse protesi provvisorie.

Con una di queste, lo scorso aprile, Matteo - diploma all'istituto alberghiero di Castelnuovo Monti, passione per la biologia marina - ha trascorso un mese in Sardegna per una vacanza con alcuni amici istruttori di discipline acquatiche. Un soggiorno a tutto sport, a Porto Pollo, durante il quale ha praticato kite surf e wakeboard quasi tutti i giorni, con il vento a 35 nodi, fermandosi solo «quando ho cominciato ad avvertire dolore a causa della protesi: un modello a piede rigido poco performante per lo sport», spiega.

Nessuna paura di affrontare di nuovo l'acqua. «Il mare era bellissimo. L'unica preoccupazione è stata trovare nuovi punti di appoggio e abituarmi ad un nuovo equilibrio».

Che è poi quello che Matteo ha dovuto fare anche dal punto di vista psicologico. «Il percorso è stato frustrante all'inizio, perché devi accettare che non sei più come prima. Ripensi al momento della tragedia, e non è bello, e ti rendi conto della cosa non comune che è capitata proprio a te. Ho cercato di passare oltre i momenti più negativi e valorizzare quelli positivi, scartare il brutto e assimilare il bello».

Così, in apparenza semplicemente, con l'energia e la fiducia dei vent'anni. «Non credo di aver mai vissuto il trauma - dice Matteo - Ho avuto l'aiuto della famiglia (il papà di Matteo, Michele Mariotti, è l'anima di 'El Bajon' di via Dalmazia) e degli amici, che mi sono sempre stati accanto. Per primo Tommaso, che mi ha raccolto a riva dopo l'attacco, ha chiamato i soccorsi, mi ha portato in braccio fino all'eliambulanza, ha avvertito la mia famiglia. Verrà a giorni con i genitori a trovarmi a Monchio, dove sto passando l'estate. Andremo insieme alla festa di paese, non vedo l'ora».

E oltre agli amici noti, ne sono arrivati di nuovi, catapultati da Instagram nella convalescenza parmigiana. «Ho ricevuto tantissimi messaggi da atleti disabili e anche paralimpici, che hanno offerto solidarietà e incoraggiamento. Non sono neanche riuscito a leggerli tutti e a rispondere a ciascuno».

Ora Matteo è concentrato sulla ripresa fisica. «Spero che l'ultimo intervento, eseguito nell'ortopedia dell'ospedale Maggiore dal direttore Enrico Vaienti e da Giacomo Scita, sia quello finale: una rimodellazione per adattare la gamba alle protesi definitive. Saranno più di una, per diverse occasioni: camminare, correre, fare sport, stare nell'acqua. Conto come sempre sulla CPO Mobility di strada dei Mercati per avere l'ausilio perfetto. Per ora vado con la protesi provvisoria, ma devo anche usare le stampelle, per permettere alla ferita di guarire bene, spero entro tre mesi».

Il progetto della biologia marina - che aveva portato Matteo fino in Australia - per ora è accantonato. «Non mi interessa molto lavorare in quel campo in Italia. E continuo ad interessarmi agli squali, non ho paura di loro. Quello che mi è successo è davvero raro. Non si può demonizzare un pesce predatore perché era in cerca di cibo. Io poi amo tutti gli animali. Zanzare a parte» aggiunge sorridendo.

Per ora l'estate di Matteo scorre fra puntate a Fiumaretta e lunghi soggiorni a Monchio, paese natale della famiglia, dove la sua gamba gonfia per il caldo, e a volte dolorante, trova ristoro.

Il prossimo appuntamento sarà il giorno del compleanno, fra una ventina di giorni: una grigliata con gli amici nella baracca in Valcieca che fu dell'amato nonno Giovanni, la notizia della cui morte era piombata su Matteo, in Australia, pochi minuti prima dell'immersione fatale. «Lui da lassù mi ha salvato», dice convinto Matteo.

Monica Tiezzi

© Riproduzione riservata

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