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Il Teatro Regio di Parma torna ad allestire «Il matrimonio segreto», dramma giocoso in due atti di Domenico Cimarosa, a quasi 60 anni dall’ultima rappresentazione. Lo spettacolo, in scena il 10 febbraio alle 20 (repliche il12, 17 e 19 febbraio), è una coproduzione con Opera de Tenerife e Teatro Massimo di Palermo.
Roberto Catalano firma la regia mentre Davide Levi sarà sul podio dell’Orchestra Cupiditas. Protagonisti Giulia Mazzola e Veronika Seghers (Carolina), Antonio Mandrillo e Bekir Serbest (Paolino), Veta Pilipenko e Valentina Stadler (Fidalma), Francesco Leone e Ignas Melnikas (Geronimo), Marilena Ruta ed Eleonora Nota (Elisetta), Jan Antem e Ramiro Maturana (Conte Robinson). Composta tra il 1791 e il 1792 per la corte di Vienna su commissione dell’imperatore Leopoldo, «Il matrimonio segreto» fu rappresentata il 7 febbraio 1792 al Burgtheater ottenendo subito un enorme successo. Un intreccio ricco di equivoci abilmente districati grazie a un perfetto congegno narrativo e uno stile musicale brioso, leggero, scorrevole, rendono il capolavoro di Cimarosa l’esempio più luminoso dell’opera buffa di scuola napoletana, unica opera del XVIII secolo oltre alla trilogia Mozart-Da Ponte, a non uscire mai dal grande repertorio.
L'allestimento in scena al Regio ambienta la vicenda nella Broadway degli anni '50: qui Geronimo, napoletano emigrato a New York, ha aperto una lussuosa pasticceria e sogna per le due figlie matrimoni con ricchi aristocratici. Ma Carolina, che intanto sogna di debuttare nei teatri di Broadway con il suo idolo Gene Kelly, ama il ragazzo delle consegne, Paolino, che sposa in segreto. «In questo piccolo mondo fatto di desideri e aspirazioni più o meno sincere, - spiega il regista Roberto Catalano - si muovono personaggi che tendono verso ciò che credono possa essere un’idea di felicità: l’affannosa e svelta ricerca a cui sembriamo tutti così devoti che, il più delle volte, non porta da nessuna parte. E poi, ci sono i due sposi con la loro felicità semplice, coi loro sogni e la loro immaginazione che sempre può sollevarli dal peso del bisogno di ciò che è sempre più lontano da dove ci si trova». (ANSA).
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