STEFANIA PROVINCIALI
Uno sguardo sul Novecento fra arti figurative, musica, letteratura attraverso gli occhi del collezionista, fra scelte concretizzate e sogni mai realizzati, fra esclusivi salotti culturali ed amicizie di una vita, aspetti tutti mantenuti intatti dentro lo spirito di una provincia che ha nel tempo preservato quel mondo straordinario.
Luigi Magnani (1906-1984), uno dei massimi collezionisti di opere d’arte, nella sua villa, a Mamiano di Traversetolo dove abitò fino alla scomparsa, realizzò un vero Pantheon dei grandi artisti di ogni epoca, un tempio che si andò animando lentamente con l’acquisizione di dipinti e arredi unici, dai Morandi e fondi oro degli inizi, al Tiziano, al Goya, fino al Monet, ai Renoir e al Canova degli ultimi anni della sua vita, in un processo di identificazione spirituale con le opere che di volta in volta vi giungevano, ma non solo. Magnani lasciò anche ampia testimonianza delle altre sue passioni culturali che lo videro artefice di incontri con artisti come Morandi, col quale scambiò una lunga corrispondenza, ed al quale dedicò un libro; fu appassionato scrittore, saggista e musicologo aspetti tutti ben delineati nella mostra «L’ultimo romantico», che apre domani al pubblico alla Fondazione Magnani Rocca, (fino al 13/12), ricchissimo omaggio espositivo al suo Fondatore. La proposta, attraverso cento opere provenienti da celebri musei e prestigiose collezioni intende raccontare nei saloni destinati alle mostre temporanee, in parallelo alla Raccolta d’arte permanente, allestita nei saloni storici della Villa, la figura di Luigi Magnani, intellettuale di primo piano nella cultura italiana del Novecento, tra i fondatori di Italia Nostra. L’esposizione, a cura di Stefano Roffi e Mauro Carrera, presenta accanto ai dipinti, documenti autografi di celeberrimi artisti, critici, musicisti, letterati, registi, aristocratici, frequentati da Magnani, da Bernard Berenson a Margaret, sorella della regina d’Inghilterra, da Eugenio Montale allo stesso Giorgio Morandi; inoltre omaggi pittorici alla passione per la musica di Magnani, resi dai più grandi artisti italiani del Novecento, da Severini a de Chirico a Guttuso a Pistoletto nonchè importanti strumenti musicali antichi che arredano gli spazi.
Infine, il sogno di altri ‘capolavori assoluti’ inseguiti da Magnani ma non conquistati come il celeberrimo dipinto Il cavaliere in rosa di Giovan Battista Moroni, capolavoro della ritrattistica cinquecentesca, gemma di Palazzo Moroni a Bergamo, che, dopo la Frick Collection di New York, viene ora esposto alla Fondazione Magnani-Rocca per la durata della mostra. L’opera, un olio su tela datato 1560, ritrae Gian Gerolamo, della nobile famiglia bergamasca dei Grumelli in una ambientazione metafisica che conferisce al ritratto un gusto moderno. Il notabile è rappresentato a figura intera in un ambiente chiuso, ma volutamente diroccato, simbolo di una vanitas cui fa da contraltare la virtus dell’individuo. Il cavaliere incarna l’ideale di virile eleganza spagnola propria della seconda metà del XVI secolo. Il desiderio di Magnani per questo dipinto lo individua quasi come un suo ideale ritratto: negli occhi del cavaliere come in quelli dell’esteta la medesima inclinazione a un dandismo tutt’altro che effimero, consapevole di sé ma non compiaciuto. Si delinea così un curioso parallelo tra il negotium del giovane Grumelli e l’otium del maturo Magnani che nulla lasciava d’intentato nel suo impegno alla ricerca del bello. Esponendo Il cavaliere in rosa nella Villa dei Capolavori, si chiude un cerchio e si realizza un sogno.
Attraverso le opere in mostra tornano poi a vivere gli incontri memorabili e le conversazioni finissime che lì ebbero luogo, quando insieme a Magnani, davanti a un piatto di fumanti anolini, Morandi e Arcangeli trovavano magicamente argomenti di condivisione poco tempo prima della clamorosa rottura fra il pittore e il critico, o quando Ungaretti, dopo una passeggiata nel parco, lasciava una poesia per l’amico Luigi, o ancora quando Guttuso festeggiava il Capodanno nella Villa omaggiando Magnani con la carnalità delle sue opere. L’élite culturale e aristocratica europea è passata per questi saloni, ha commentato un dipinto, ha ascoltato gli affascinanti racconti del padrone di casa, mentre le note di Mozart facevano da contrappunto ai capolavori dei maestri antichi e contemporanei, testimoni della grande storia d’Europa. Un mondo straordinario in cui entrare guidati «per mano» dai componenti della famiglia. Perchè ad avvio percorso accolgono il visitatore, quasi a fare «gli onori di casa» i ritratti di László Vinkler, raffiguranti Giuseppe Magnani, grande proprietario terriero ed imprenditore caseario, padre del collezionista, la madre Eugenia Rocca, di famiglia ligure imparentata con Papa Benedetto XV, i due ovali dipinti da Eva Barret con le sorelle di Magnani, Lisetta e Ada, morte giovanissime di turbercolosi e il ritratto di Luigi che legge, a testimoniare origini, passioni e piaceri di un uomo di cultura che ancor oggi «accoglie» gli appassionati nella sua Villa dei Capolavori.
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