«Niente di vero» di Veronica Raimo
Niente di vero. Tutto di Veronika. Con il suo quarto romanzo (il primo in copertina bianca rigida di Einaudi e già in ristampa) Veronica Raimo rottama con disincanto, qualsiasi mito d’infanzia o adolescenza, ma fa sbocciare la leggenda della bislacca tribù romano-pugliese dove le è toccato crescere. I suoi piani sequenza entrano in un appartamento dalle pareti sempre in movimento squadrando afosi pomeriggi, serate di bisboccia, crisi coniugali, fughe, e parecchio sesso adattato agli anni che scorrono. Tra cruente manie sanitarie del padre dirigente e asfissianti incursioni dell’ansiosa madre insegnante si materializza un nuovo clan alla Lambert de Le correzioni. Sono loro, tra nevrosi e incomunicabilità, a stabilire limiti e attitudini di una figlia minore, parecchio in lotta anche con il prediletto primogenito maschio. I Raimo sono nudi: tradimenti matrimoniali, parenti un po’ pedofili ed episodi di spietata indifferenza, anche nei confronti di vittime agonizzanti di incidente, inclusi. “Siamo al paradosso” diceva papà nelle catastrofi, Veronica ha appurato come “è difficile pensare di affrontare un’esperienza importante senza un bar nelle vicinanze”. Il suo monologo urticante, che scorre tra la Capitale e un nido in prestito a Berlino, usa il tempo essenziale di una canzone per raccontare. Brani, scritti per lo più in dialogo, che sfumano ad ogni capitolo, per alzare poi il volume a chilometri o anni di distanza. Niente di vero, scandisce un LP (in fondo veniamo dagli anni ’80) con un plot da commedia agrodolce: si ride, si vive con una giovane donna che non matura, ma un po’ ci prova e un po’ mette la K, fin da bambina, nel nome sognando un’inarrestabile carriera da rockstar. “Ci spero ancora. Anche se non faccio niente per arrivarci. Non ho mai preso una lezione di musica o di canto in vita mia”. Dice sincera. “Quello che ho imparato l’ho imparato per noia. Un memoir così intimo magari è un atto schizzoide, nato dal bisogno di rompere l’equilibrio, di emanciparmi da quello che è stato, farci i conti. In concreto forse volevo sabotare la mia perenne abitudine al rimpianto, anche per cose che non sono dipese da me. Quando fisso un punto davanti ho sempre in testa un ricordo, la foto di un altro anno. Per lo meno l’ho scritto al momento giusto. I fatti, ora, non sono ancora freddati dal tempo e rimasti solo tiepidi emotivamente. I ricordi li ho sfumati con invenzioni che ormai, per me, sono reali”. I Raimo affondano in quel consueto meticciato italiano che unisce due regioni (ricette, proverbi, vacanze e corredi nuziali inclusi). I genitori hanno mestieri più autorevoli dei padri, i figli si sono un po’persi dietro a sogni e imprevisti. Veronica, “Oca”, per papà, con il suo bagaglio di non raggiunto, di non superato è rassicurante e libera. Schietta anche nella scorrevole filosofia che si sente di impartire “l’unica rivoluzione possibile è smettere di piangerci su”. Con lei, ci si ride anche tanto su. “Sto andando a pranzo da mia madre”. Tocca la borsa, gira l’orologio, la voce è solo un sospiro ”oggi è il suo compleanno. Le regalo il libro. Un giorno simbolico per leggerlo, finalmente… ” Scommettiamo che dei Raimo leggeremo ancora nuove avventure?
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