Agroalimentare
Foto d'archivio
Raggiunto a quota 150 euro a tonnellata - esclusi i servizi - l’accordo sul prezzo del pomodoro da industria (circa 4mila ettari coltivati nel Parmense) per la campagna Nord Italia 2023 tra Op-organizzazioni di produttori e industria al termine di una delle trattative più lunghe di sempre.
Le reazioni della controparte agricola
L’accordo conferma una maggiorazione sul pomodoro “tardivo”, mentre è stata rimandata, per ora, la modifica alla “tabella qualità”. In merito la parte agricola ha comunque ottenuto dall’industria l’impegno ad inserire correttivi nel prossimo accordo quadro per il 2024.
“I tempi - commenta Roberto Gelfi, presidente di Confagricoltura Parma - sono stati effettivamente molto lunghi. A memoria non ricordiamo una trattativa così lunga e serrata che ha comunque permesso, alla fine, di raggiungere un ragionevole equilibrio. Il prezzo è interessante - analizza Gelfi - perché raggiunge una quotazione maggiore, rispetto a quella dello scorso anno, dettata dalle dinamiche di mercato. Ancor più del passato è emersa l’importanza degli organismi che devono intercettare l’equilibrio, ossia le organizzazioni di produttori, che hanno saputo potenziare il loro ruolo compattando sapientemente l’offerta. Solo attraverso la programmazione si determina l’offerta e dunque il prezzo”.
La filiera, non senza fatica - prosegue Gelfi - ha dimostrato la coesione e il senso di responsabilità che ci aspettavamo nel voler tutelare un prodotto di valore e strategico per la nostra economia. È accaduto esattamente ciò che auspicavamo, ossia il riconoscimento del prezzo di riferimento che i mercati mondiali (si vedano gli accordi sottoscritti in Spagna e California) avevano già ratificato”.
Confagricoltura Parma plaude alla coesione del mondo agricolo e alla capacità crescente delle organizzazioni di produttori che hanno affrontato unite una trattativa non facile rappresentando con coerenza e trasparenza le necessità inderogabili della parte agricola. “Un ringraziamento va alle Op che hanno mostrato di saper gestire il prodotto – rimarca Gelfi –. Come organizzazione agricola evidenziamo la capacità di aggregazione del mondo produttivo: l’unica vera leva in mano agli imprenditori agricoli per ridefinire il sistema dei prezzi. Va riconosciuta anche l’apertura dimostrata dal mondo della trasformazione che conferma la centralità del prodotto italiano nelle politiche commerciali. La filiera è solida e si è fortificata. Oggi possiamo dire che anche l'industria ha validato l'importanza che la filiera viaggi compatta e ha sottoscritto, controfirmando l’accordo, quanto sia importante assicurare una giusta remunerazione alla parte agricola. Da oggi si può pensare all’operatività di una campagna che anche agronomicamente non risparmierà preoccupazioni e che, a causa delle avverse condizioni climatiche (gelate e recenti alluvioni), parte già con una perdita di almeno un 20% del prodotto rispetto al 2022. Affinché si possa chiudere il cerchio, inoltre, è necessario che anche la Gdo riconosca il buon operato della parta agricola e della parte industriale garantendo un prezzo competitivo dei derivati del pomodoro sugli scaffali”.
Le reazioni della controparte industriale
Dopo una lunga ed intensa trattativa caratterizzata da una costante posizione di rigidità della parte agricola che non ha voluto, in alcun modo, ascoltare le ragioni dell’industria, è stato raggiunto l’Accordo Quadro per la gestione dalla prossima campagna di trasformazione del pomodoro nel Bacino Nord Italia.
L’Accordo prevede la conferma dell’impianto contrattuale del 2022 per quanto riguarda le norme di qualità, fatta eccezione per alcune migliorie sul pomodoro tardivo, con un prezzo medio di riferimento di 150€/ton, il più elevato di sempre, con un aumento di oltre il 40% rispetto al 2022.
“È prevalso il senso di responsabilità. – dichiara Bruna Saviotti, coordinatrice del Comitato territoriale del Bacino Nord di Anicav – La situazione emergenziale che sta vivendo l’Emilia Romagna, e in particolare l’area orientale della regione, e la consapevolezza di quello che avrebbe rappresentato una rottura definitiva delle trattative per la nostra filiera, ci hanno spinto a chiudere un accordo anche se non soddisfacente per le nostre aziende.”
“In un momento difficile come quello che stiamo vivendo la “coesione” è l’unica risposta che può dare una filiera come la nostra. - afferma Marco Serafini Presidente di Anicav – L’Industria ha fatto la sua parte pur consapevole delle difficoltà che deriveranno da un prezzo medio di riferimento così elevato.”
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