LA VICENDA GIUDIZIARIA
Pierluigi Dallapina
Erano bastati pochi giorni per trasformare il re Mida del latte nell'imprenditore che, insieme ad alcuni collaboratori, diede vita ad uno scandalo finanziario di dimensioni inedite, per l'Italia e il resto del continente. Le inchieste dimostreranno che il «buco» era pari a 14 miliardi di euro. «La più grande fabbrica di debiti del capitalismo europeo». Così i giudici definirono il crac Parmalat, che trascinò Calisto Tanzi in un vortice di inchieste giudiziarie, udienze e condanne.
Aggiotaggio, bancarotta fraudolente e crac Parmatour: sono stati questi i tre principali processi che costarono al patron dell'azienda di Collecchio, e agli altri imputati, decine di anni di pena. La condanna più pesante era arrivata a inizio marzo 2014, quando la Cassazione rese definitiva una pena di 17 anni e 5 mesi di reclusione, a cui vanno sommate altre condanne minori.
Arrestato il 5 maggio 2011, era rimasto nel carcere di via Burla fino al 7 marzo 2013, quando aveva ottenuto i domiciliari in ospedale per motivi di salute. Dal giugno 2014 era agli arresti domiciliari, che stava scontando nella sua villa alle porte di Parma.
Il crollo di dicembre
Ripercorrendo gli ultimi anni di Tanzi, quelli più bui, quelli dei guai con la giustizia, si scopre una coincidenza: è nei giorni attorno a Capodanno che si sono consumate la sua caduta e l'ultimo atto della sua parabola. Ieri la scomparsa, mentre il primo arresto è arrivato negli ultimi giorni del 2003. Era il 27 dicembre quando gli uomini del nucleo giudiziario della guardia di finanza fermarono Tanzi a Milano con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata alla bancarotta fraudolenta. L'imprenditore era appena rientrato in Italia da un viaggio lampo in Centro America e su di lui, o meglio, sul dissesto del gruppo alimentare di Collecchio, stavano indagando due procure: quella milanese con i pm Francesco Greco, Eugenio Fusco e Carlo Nocerino e quella parmigiana con le pm Antonella Ioffredi e Silvia Cavallari.
Ad accendere i riflettori della cronaca sulla Parmalat erano state le turbolenze del titolo in Borsa. Il gruppo di Collecchio, a dicembre 2003, si preparava a pagare 150 milioni di euro di obbligazioni in scadenza, ma invece di fare affidamento ai 4 miliardi nelle casse delle sue società - è in questo periodo che si iniziò a parlare di Bonlat e fondo Epicurum - l'azienda chiese un prestito. Perché? La Borsa entrò in fibrillazione e il titolo venne sospeso dalle contrattazioni. La Consob pretese chiarimenti, mentre le banche «nominarono» Enrico Bondi super consulente per la ristrutturazione del gruppo. Un fax della Bank of America, a metà dicembre, fece crollare il castello di carte: Parmalat non poteva contare su alcun «tesoretto». Migliaia di risparmiatori persero i loro risparmi, inghiottiti dal buco miliardario.
Il mea culpa
«Porterò sempre il peso indelebile per le sofferenze causate a quanti, per colpa mia, hanno subito danni». Calisto Tanzi, diventato l'ombra di se stesso, nel 2012 si rivolse ai giudici della corte d'appello con queste parole per assumersi parte della responsabilità del crac Parmalat. Poche settimane dopo quella prima ammissione i giudici della terza sezione condannarono l'ex cavaliere della Repubblica a 17 anni e 10 mesi per il crac (in primo grado, nel dicembre 2010 il tribunale di Parma lo condanno a 18 anni). La pena venne ridotta dalla Cassazione a 17 anni e 5 mesi.
Questa condanna era stata preceduta da un'altra sentenza irrevocabile: a inizio maggio 2011 la Cassazione lo condannò a 8 anni per aggiotaggio.
«Non è stata fatta piena luce»
«Ho sempre ritenuto che non sia stata fatta, malgrado i processi celebrati, piena luce sulle responsabilità del crac che travolse Parmalat». Lo spiega l'avvocato Gian Piero Biancolella, legale di Calisto Tanzi. «La morte di Calisto Tanzi mi rattrista - afferma Biancolella -. Ogni fine vita comunque è un evento che crea dolore, anche se chi è venuto a mancare è stato un uomo che ha lasciato dietro di sé giudizi controversi, amore ed odio. Mi rattrista anche il fatto che come suo difensore, unitamente al compianto prof. Sgubbi ed al collega Belloni, ho sempre ritenuto che non sia stata fatta, malgrado i processi celebrati, piena luce sulle responsabilità del crack che travolse Parmalat».
«Certo è che l’amministrazione straordinaria - chiarisce ancora il legale - è riuscita a rifondere gran parte dei debiti accumulati e soprattutto a rifondere quanto spettante ad investitori inesperti che avevano investito in titoli che non avrebbero mai dovuto essere immessi sul mercato del risparmio delle famiglie». Questo fatto comunque, conclude l’avvocato, «dimostra la genialità di un imprenditore che non era un esperto di finanza e che da Collecchio aveva saputo costruire dal nulla un’impresa alimentare nota nel mondo».
Capolavori all'asta
Nel dicembre 2019 alla vicenda Parmalat venne aggiunto un altro capitolo. Al Centro svizzero di Milano furono messi all'asta una cinquantina di «tesori ritrovati» appartenenti alla collezione di Tanzi. Si trattava di quadri di alcuni dei più importanti artisti dell'800 e del '900, da Picasso a Monet, da Van Gogh a Balla. Furono raccolti 12,5 milioni di euro. Il ricavato andò ai creditori, coinvolti nel crac miliardario di un'azienda considerata un «gioiellino».
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