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intervista esclusiva

Ribalta: «Basta calcoli, bisogna vincere»

di Claudio Rinaldi

11 Febbraio 2022, 03:01

Si aspettava che il Parma facesse tanta fatica, in questo campionato?

«Non così tanta, sinceramente. Anche sa sapevamo bene che il campionato di B è molto complicato. I numeri lo dimostrano: negli ultimi cinque anni solo tre squadre sono riuscite a risalire subito dopo essere state retrocesse dalla A. In più, quest’anno ci sono tantissime squadre che lottano per la A, tutte attrezzate benissimo. Basta guardare le prime otto/dieci in classifica: tutte serie candidate alla promozione».

Soddisfatto del mercato invernale?

«Sì, il mio bilancio è molto positivo. Ci siamo rafforzati molto in tutti i reparti».

Eppure i tifosi si sono scatenati: si lamentano perché non sono arrivati il centrocampista e il difensore centrale che sarebbero serviti.

«Non mi sembra. Non è vero che non abbiamo preso centrocampisti: è arrivato Cassata e avevamo già Schiattarella, Sohm, Juric, Brunetta. E nessuno pensa a Bernabè, che è un centrocampista giovane e forte. Ha avuto bisogno di tempo per recuperare, ma tornerà presto».

E la difesa?

«A me sembra che siamo a posto, come qualità e quantità. Giochiamo sempre con tre dietro, ma abbiamo due/tre giocatori di un certo livello pronti a subentrare. E abbiamo preso esterni come Rispoli, Costa, Oosterwolde».

L’attacco è fin troppo abbondante: non prevede problemi di gestione?

«È una domanda più per l’allenatore che per me. Personalmente, non mi sembra un problema: teniamo presente che dobbiamo vincere tante partite se vogliamo inseguire gli obiettivi che ci siamo dati. L’importante è avere giocatori di alta qualità e tanta scelta. E adesso siamo a posto. A maggior ragione in questo periodo complicato dal Covid, quando non sai mai quando possono mancare giocatori e per quanto tempo. Noi non possiamo correre il rischio di essere “corti”».

Gli acquisti sono “in linea” con il modulo di Iachini?

«Certo. Tutti gli acquisti e le cessioni vengono condivisi sempre con l’allenatore. Questo non significa che sia il tecnico a imporre le scelte, né viceversa. Ma tutte vengono condivise».

Si è sempre detto che l’obiettivo del progetto a medio-lungo termine era puntare su giovani da valorizzare. Invece sono arrivati giocatori di grande esperienza.

«Non è proprio così. Ho sempre pensato, sia la scorsa estate che in questo mercato invernale, che la strada giusta per mettere insieme una rosa competitiva sia un mix di giovani e giocatori esperti. In estate sono arrivati Danilo, Buffon, Schiattarella, Vasquez, e avevamo già Inglese e Colombi: non sono giocatori di diciott’anni. Ora abbiamo preso Oosterwolde e Bernabè che hanno vent’anni, Cassata che ne ha 24, ma anche Pandev e Simy. È questione di qualità, più che di età. Nessun cambio del progetto, quindi: ma solo l’obiettivo di rafforzare la rosa».

È vero che Man ha manifestato più volte l’intenzione di andare via? Con questo modulo fa fatica a trovare spazio?

«Abbiamo avuto qualche approccio da altre squadre potenzialmente interessate a Man, qualche mezza trattativa, ma nessuna è andata in porto. Penso che con il sistema di oggi non sarà facile per lui trovare molto spazio nel ruolo dove rende meglio, ma non è detto che useremo sempre e comunque questo sistema: abbiamo una rosa ricca per fare sì che l’allenatore possa scegliere più di un sistema. E non è detto che Man non trovi spazio tra qualche partita, come altri giocatori che adesso non lo stanno trovando».

Dica la verità: ha paura che Mihaila all’Atalanta esploda?

«Sinceramente glielo auguro. Non vedo perché non dovrei sperare che faccia bene. Lo abbiamo venduto molto bene. Dal suo punto di vista, passare dalla B a una squadra top, nel giro della Champions League, è un bel colpo».

E Tutino? Doveva essere il “colpo” del mercato, anche per quanto è costato, ma sta giocando pochissimo.

«Deve sbloccarsi. È uno che ha sempre fatto tanti gol: 14 la scorsa stagione, con promozione in A. Gli attaccanti vivono di momenti: come tutta la squadra ha avuto un lungo periodo negativo, ma mi auguro che troverà presto momenti migliori. Io non ho nessun dubbio sulle sue qualità».

Possiamo fare chiarezza sulla storia degli algoritmi? È vero che sono alla base delle vostre scelte di mercato?

«Totalmente falso. Mi crede? Io non so neanche cosa sia un algoritmo. È da quando sono arrivato a Parma che sento questa storia, non ho idea di come sia nata e di chi l’abbia messa in giro. Però posso assicurarle che non esiste nessun algoritmo. Noi abbiamo osservatori bravissimi, con lunga esperienza, che lavorano tantissimo, che viaggiano in continuazione e che conoscono perfettamente il mercato. Tutto qui».

Pensa sia possibile che il tema algoritmi sia saltato fuori per via della passione di Oliver Krause per le statistiche?

«Se così fosse, sarebbe ridicolo. Il figlio del presidente è la persona più educata e corretta che abbia mai incontrato. Non si è mai permesso di venire da me e farmi un nome, non una sola volta. Semmai, sono io che lo consulto, visto che è un esperto in analisi di dati. Ma non ha mai interferito nelle scelte dell’area sportiva. Non scherziamo».

Che clima c’è nello spogliatoio? Con giocatori di così tante nazionalità, è difficile creare un gruppo?

«Io noto un’atmosfera molto positiva. Quando seguo un allenamento, non mi sembra affatto una squadra che ha problemi. Abbiamo problemi mentali quando scendiamo in campo, soprattutto in casa. Paure che ci portiamo dietro da mesi. Dobbiamo superarle al più presto. Il gruppo c’è, eccome».

Facciamo un passo indietro: è stato un errore chiamare Maresca?

«Be’, se abbiamo cambiato allenatore vuol dire che non è andata bene: ma per me Maresca diventerà un grande allenatore, perché ha ottime qualità. Certo, qualcosa non è scattato, altrimenti non avremmo cambiato, questo è innegabile».

È stato difficile esonerarlo?

«Sì, mi è dispiaciuto. E mi è dispiaciuto non potergli dare più tempo. Ma, per un dirigente, arriva un momento in cui devi prendere delle decisioni, per il bene della squadra. Dategli tempo: Enzo diventerà un grande allenatore».

Da un allenatore giovane e della nouvelle vague a uno di grandissima esperienza. Come mai questo cambio di strategia?

«Non parliamo di Iachini difensivista, per piacere. Si sente dire in giro, ma sono balle. Lo sa, chi lo dice, che nella sua carriera ha fatto il record di punti con il Palermo e con il Chievo, il record di gol con il Palermo? Lo sa quanti gol ha fatto segnare agli attaccanti della Sampdoria? Lo sa che ha valorizzato tanti giovani, da Icardi a Dybala, a Belotti? Per piacere. La sua storia, soprattutto in B, dimostra che è tutt’altro che un difensivista».

Quindi, anche per l’allenatore, nessun cambio di progetto?

«No. Abbiamo chiamato Beppe perché è un vincente, perché le sue squadre cercano sempre di vincere, aggrediscono l’avversaria, pressano alto, segnano tanti gol».

Certo che sta facendo più fatica del previsto a incidere.

«È stato anche sfortunato. Due giorni dopo il suo arrivo abbiamo giocato a Como, poi una partita al mercoledì, un’altra alla domenica. Non era l’ideale, per uno che ha ereditato una situazione problematica. Poi la lunghissima sosta per il Natale e per il Covid, 34 giorni senza giocare. Troppi».

Adesso, però, bisogna cominciare a vincere.

«Certo. La prima cosa da fare è compattarci e chiudere il rubinetto: cioè, smettere di prendere tanti gol, per guadagnare fiducia. E subito dopo ripartire. E vincere. Siamo pronti per vedere il vero Iachini, ne sono certo».

Lo sente motivato?

«Altro che motivato! Alle 7 del mattino è già in ufficio. Lavora tantissimo, si dedica alla squadra con tutto sé stesso. Per farla crescere, per fare crescere i giovani. Chieda a qualsiasi giocatore: glielo confermeranno tutti. Sempre sul pezzo. E sa cosa mi piace di Beppe? Che la parola mollare non esiste nel suo vocabolario».

Com’è il suo bilancio personale, dopo nove mesi a Parma?

«Positivo, perché sono abituato a guardare avanti. Non faccio valutazioni sulla scorsa stagione, essendo arrivato verso la fine. Dei risultati, evidentemente, non sono affatto contento. Ma sono soddisfatto e ottimista per la struttura che stiamo creando, per il progetto che abbiamo».

Come sono i rapporti con Krause? Sia sincero: ha paura quando squilla il telefono dopo una brutta prestazione?

«No, no, nessuna paura. Ci sentiamo tutti i giorni, anche quando è negli Stati Uniti. È sempre molto positivo e propositivo, abituato a guardare avanti e con una visione di lungo termine. Non è uno che si fa influenzare dai risultati, che si demoralizza. Io molto più di lui. È una fortuna averlo come presidente proprio perché riesce a guardare sempre il lato positivo, a pensare alla crescita del club, non solo al risultato del giorno prima».

È una fortuna anche per la disponibilità a investire.

«Certo. In questi mesi ha dimostrato grande passione, grande disponibilità. Qualsiasi cosa chiediamo, lui c’è e fa di tutto per accontentarci».

Sente sempre di godere della sua fiducia?

«Sì, fiducia totale. Tante volte mi dispiace non potergli dare le soddisfazioni che merita».

Le scelte decisive sul mercato le fa lei o Krause?

«Guardi, il presidente non ha mai interferito nelle decisioni sportive. Per sua natura, dà totale fiducia ai professionisti che ha scelto. Mai una volta che abbia suggerito il nome di un giocatore. “Siete voi gli esperti di calcio – dice sempre –, non io”».

Gli sarà capitato di innamorarsi di un giocatore e di chiedere di acquistarlo.

«No, mai».

Quali sono i punti persi che le bruciano di più?

«Tanti, troppi. Mi bruciano, soprattutto, le partite dove non siamo stati competitivi: penso soprattutto alla gara di Lecce. Non siamo mai stati in gara, c’era da chiedersi: cosa siamo venuti a fare? E questo non è accettabile: per la storia che abbiamo, per la tradizione, per i nostri tifosi, per la maglia che indossiamo. Non esiste, questo è il punto di partenza: si può vincere, perdere o pareggiare. Ma dobbiamo sempre onorare la maglia, sudare fino all’ultimo».

In classifica guarda le squadre che ci stanno davanti o dietro?

«Sempre quelle davanti».

Quante probabilità ci sono di andare ai play-off?

«Vista la situazione, io ho un solo obiettivo: vincere le prossima partita. Non mi interessa contro chi giochiamo, non penso alla settimana successiva. Vincere la prossima, e basta. Adesso è inutile fare calcoli, anzi sarebbe sbagliato».

Come sono i rapporti con il diesse Pederzoli, come vi dividete i compiti?

«Lui sta con la squadra 24 ore su 24, fa vita di campo, tiene i rapporti con l’allenatore, i giocatori, i medici, i fisioterapisti. Io meno, perché ho la responsabilità di tutta l’area tecnica, dall’Academy allo scouting, non solo della prima squadra».

Come ha vissuto il siluramento di Kalma?

«Sono dispiaciuto per lui. È naturale, dopo aver lavorato per qualche mese insieme. Penso che la società si strutturerà presto, coprendo la sua posizione. Sono scelte del presidente».

Qual è il ruolo di Lucarelli? Qualche tifoso sospetta che la “storica” bandiera sia stata emarginata.

«Tutt’altro, non capisco chi parla di emarginazione. Lucarelli è un eccellente professionista che sta facendo un ottimo lavoro, gestendo l’area prestiti: segue i nostri giocatori e trova sistemazioni per quelli in prestito. Con questo, crea valore per la società. Gli ho detto tante volte che sta lavorando molto bene, lo vedo motivato e contento».

Altre lamentele dei tifosi: il trattamento riservato a Iacoponi, messo fuori rosa fino alla cessione.

«Respingo l’accusa. Sono due cose distinte: Iacoponi è stato un giocatore molto importante per il Parma, resterà nella storia della società per quello che ha fatto, ma questo non doveva e non poteva influenzare certe scelte della società. Questo vale per tutti».

Cosa pensa del progetto per il nuovo Tardini?

«È un bellissimo progetto, spero che vada avanti al più presto. Sarà una cosa positiva per il Parma, per la città, per i tifosi, ma anche per il calcio italiano».

È vero che pagate 70mila euro all’anno un esperto di rimesse laterali?

«No, molto meno. È un’altra delle balle messa in giro chissà da chi. È vero che abbiamo ingaggiato un grande esperto, Thomas Gronnemark, danese. Viene alcune volte all’anno: il suo mestiere è allenare la squadra per le rimesse laterali. Lo fa per il Liverpool da cinque anni e per tanti altri club in tutta Europa, non siamo i soli matti. Il calcio è cambiato, è fondamentale prestare massima attenzione a tutti i dettagli. Ci si allena per le rimesse come per i calci piazzati».

A parte il calcio, si trova bene a Parma?

«Molto bene. Una bella città, dove si vive bene. Ho vissuto qualche mese in centro, poi con mia moglie abbiamo deciso di trasferirci fuori dalla città. A Parma si sta bene e si mangia bene: anche troppo bene, pensando alla linea».

Quali sono i suoi locali preferiti?

«Adoro le trattorie tipiche, popolari. Mi piace vivere da parmigiano, non da turista».

Cosa fa nel tempo libero?

«Passo volentieri il poco tempo libero che il calcio mi lascia con la mia famiglia, mia moglie e mio figlio. Ha sei mesi, è nato in Svizzera, ma crescerà a Parma».

Vuole lanciare un messaggio ai tifosi?

«Volentieri. È scontato dirlo, ma abbiamo bisogno di loro, come e più di sempre. La squadra ha bisogno di sentirsi supportata, come i tifosi hanno sempre fatto. È proprio nei momenti di difficoltà che i tifosi sono un autentico valore aggiunto. Io sono il primo a capire la frustrazione per i risultati deludenti, ma chiedo loro di avere fiducia nella squadra e nella società, di guardare avanti come facciamo noi. Purtroppo il Covid non ci ha aiutato: giocare negli stadi vuoti o con pochi spettatori è triste. E poi, il Covid ha frenato tante iniziative che avremmo voluto organizzare».

Quali?

«Vogliamo che la squadra sia sempre più vicina alla città. Appena sono state allentate le norme anti Covid siamo stati con Iachini al Centro di coordinamento, abbiamo incontrato i Boys, abbiamo organizzato iniziative in ospedale, all’hub vaccinale, all’Assistenza pubblica, presto faremo un’iniziativa con i vigili del fuoco. Avremmo voluto fare di più, con la città e per la città. Vorremo fare sempre più spesso, quando sarà possibile, allenamenti a porte aperte, al Tardini e a Collecchio. Ci teniamo, per essere vicini alla città: lo vuole la società, lo vuole fortemente Kyle Krause. Che, infatti, quando arriva in Italia, ci tiene a vivere la città, a passeggiare in centro, a partecipare a iniziative bellissime come quella dell’anolino solidale».

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