ALLARME
Sono verbali, scritte, contro oggetti e, nei casi più gravi, fisiche. Parliamo delle aggressioni nei confronti degli operatori sanitari, soprattutto in ambito psichiatrico, un problema crescente anche sul nostro territorio.
L'omicidio della psichiatra Barbara Capovani, uccisa nei giorni scorsi da un paziente davanti all'ospedale di Pisa, ha fatto scalpore e ha acceso i riflettori su di una emergenza silenziosa, ma preoccupante.
La situazione a Parma
Dai dati dell'Ausl emerge una crescita verticale delle segnalazioni di aggressioni nell'ultimo anno. Si è infatti passati dalle 23 del 2021 alle 55 del 2022. Allargando lo sguardo agli ultimi quattro anni, emerge una sostanziale stabilità dal 2019 al 2021 dove i casi totali (segnalati dal dipartimento assistenziale integrato Salute mentale e dipendenze patologiche dell'Ausl) non hanno mai superato i 28.
I tipi di aggressione
Significativa anche la suddivisione in tipologie di aggressioni. Il 2022 si caratterizza per la forte crescita rispetto al 2021 delle aggressioni fisiche, raddoppiate nell'arco di dodici mesi: da 18 si è passati a 36. Forte impennata anche per le aggressioni verbali: nel 2021 erano state soltanto 2, nel 2022 invece 16. Stabili invece i danneggiamenti a proprietà (porte sfondate, finestre rotte). Soltanto nel 2021 si era registrato un caso di aggressione in forma scritta, ossia l'invio di minacce via mail, che non si è ripetuto nell'anno successivo.
Se si prende in considerazione il periodo 2019-2022, le aggressioni totali sono state 129. Quelle fisiche hanno subito forti variazioni dell'andamento nel corso del tempo. Si è passati dalle 14 del 2019 alle 3 del 2020, per poi assistere a una forte risalita nel 2021 (18) e nel 2022 (36).
Le ragioni
Le ragioni dell'aumento dell'aggressività nei confronti degli operatori sanitari sono molteplici. Un fattore non secondario è legato alla pandemia e ai suoi effetti sociali. «La pandemia - dichiara Pietro Pellegrini, sub commissario sanitario e direttore del Dipartimento assistenziale integrato salute mentale-dipendenze patologiche dell'Ausl - ha scompaginato le relazioni e accentuato le condotte aggressive, anche a livello familiare. Dobbiamo ricostruire assieme le relazioni interpersonali e agire nei giusti tempi».
Pellegrini sottolinea che ci troviamo davanti a un problema internazionale. «Il problema della violenza a danno dei medici è presente anche a livello internazionale e purtroppo non è nuovo - osserva -. Nel periodo 1998-2013 (quindi prima della chiusura degli Opg, ospedali psichiatrici giudiziari ndr) vi sono stati 18 omicidi di medici, di cui 6 psichiatri, 4 medici di medicina generale, 3 di guardia medica e 2 urologi. Gli autori erano affetti da disturbi mentali in 7 casi (38,8 per cento). Un dato che dovrebbe far riflettere sulla violenza della «normalità», meno percepita di quella delle persone con disturbi mentali».
Violenza domestica
La quota di violenze che matura negli ambiti domestici e si riflette sui servizi «è in netta crescita - continua Pellegrini -. Si tratta di una problematica che viene affidata ai servizi sanitari già nella fase delle indagini. Il disagio sociale e familiare deve vedere un insieme di interventi educativi, sociali e sanitari».
Gestire il conflitto
L'abuso di sostanze «non riguarda una marginalità esclusa e sbandata - spiega - ma interessa il mondo «per bene» dove le scelte di vita, l’uso di droghe e alcool sono al contempo un fatto privato e un problema sociale, di sicurezza stradale e lavorativa prima che una questione sanitaria». «In questo quadro - prosegue - emerge una difficoltà a gestire il conflitto, la devianza e le violazioni. Il senso dell’autorità, del dovere e del rispetto delle norme e di quello reciproco sono in crisi in termini educativi ed etici prima che penali».
Il ruolo della psichiatria
La psichiatria «non ha strumenti di previsione e di prevenzione - dichiara -, né ha la possibilità di trattare con certezza di risultati le persone con gravi disturbi della personalità. I servizi di salute mentale non vanno lasciati soli, isolati, ma deve essere attivata una solida collaborazione interistituzionale. Con la persona va stipulato un «doppio patto»: uno per la cura e l’altro per la prevenzione di nuovi reati, patti che siano chiari e ben delineati sotto il profilo delle competenze e delle responsabilità, evitando ambiguità».
Quanto alla chiusura degli Opg «è frutto di una riforma di civiltà ma incompiuta e richiede diversi interventi legislativi e attuativi». Pellegrini illustra una serie di proposte, tra cui «ripensare la normativa sulle droghe onde evitare la criminalizzazione dei consumatori e quindi un forte impegno del sistema penale» e, sul piano operativo, «occorre delineare percorsi di cura unitari».
Pellegrini ricorda infine la collega uccisa. «È stata colpita a morte una protagonista della psichiatria gentile» conclude. E sottolinea la necessità di innovare l'attività di prevenzione e cura, «sempre fondate sui diritti-doveri, sull'accoglienza e il riconoscimento dell'altro, della sua umanità, anche di fronte ad eventi così tragici».
Luca Molinari
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