ECONOMIA
«Spero si tratti di un bluff». Aveva detto così Gabriele Buia, presidente dell'Unione parmense degli industriali, appena due settimane fa. In quei giorni Trump aveva annunciato la volontà di imporre dazi pari al 30% sull'export europeo negli Usa.
Se non si è trattato di un bluff, sicuramente è stata una tecnica comunicativa efficace. «Il suo gioco è stato quello di sparare alto per poi ottenere comunque un'imposizione importante, che darà tantissimi problemi alle aziende del territorio». Questo è stato il commento espresso da Buia in seguito alla notizia dell'incontro tra Trump e Ursula von der Leyen che l'altro ieri ha portato all'accordo sui dazi del 15% su una serie di prodotti esportati negli Usa. Oltre a questo, l'Europa ha promesso l'acquisto di prodotti energetici americani pari a 750 miliardi di dollari e di investire 600 miliardi negli Stati Uniti.
«La somma dei dazi con la svalutazione del dollaro comporta un aumento dei costi fino al 20% - ha sottolineato Buia -. È evidente che si apre una fase di difficoltà: servono dati precisi per capire l’impatto reale, per ora le notizie sono frammentarie».
L'export parmense in Usa
A Parma queste preoccupazioni non sono di certo teoriche: nella classifica Istat che quantifica l'export verso gli Usa delle singole città italiane, Parma si posiziona al decimo posto della top ten. Solo nel 2024 le esportazioni di prodotti parmigiani verso gli Stati Uniti sono state pari a 1,5 miliardi: con una crescita di 216 milioni rispetto al 2023.
I settori più colpiti
«Nella nostra provincia l'export verso gli Usa è importante e molti imprenditori sono giustamente in apprensione - commenta Buia -. Prodotti come il prosciutto di Parma sono un'eccellenza in America, ma con questi aumenti di prezzo, il rischio è una riduzione degli acquisti da parte dei consumatori statunitensi. Questo danneggia il nostro export e ci mette in allarme».
Tuttavia, l'impatto è ancora da valutare. «La qualità potrà forse attutire il colpo, ma non basta uno slogan: serve concretezza. Le aziende stanno già vivendo un momento difficile, prendere decisioni senza considerare i risvolti è pericoloso». Anche il settore farmaceutico, fondamentale nel mondo industriale parmense, rischia di essere tra i più colpiti. «Il mercato statunitense è strategico, ma ora ci troviamo a fronteggiare un aumento dei costi complessivi che rischia di compromettere la competitività».
Che futuro si prospetta?
Nel suo commento, Buia ha fatto riferimento anche agli impegni presi dall'Ue nel campo degli investimenti futuri in Usa. «L’Europa si è impegnata anche ad aumentare gli acquisti di energia e armamenti dagli Usa. Questo impatterà sulle casse europee e, indirettamente, sulle imprese. Ci sono contratti da definire e bisogna capire come si articoleranno nel dettaglio. L’incertezza è il peggiore nemico per chi vuole investire».
In questo contesto, uno dei maggiori freni per le imprese è proprio questo clima di incertezza. «Non si può fare promozione commerciale né pianificare investimenti senza sapere cosa accadrà domani. Le aziende hanno bisogno di certezze, e ultimamente ce ne sono sempre meno».
Possibili contromisure
Le imprese parmensi, alla luce di questa situazione, si troveranno inevitabilmente a dover pianificare nuove strategie. «La diversificazione dei mercati è certamente una possibile strategia. Bisogna però vedere se questi nuovi mercati saranno effettivamente disponibili ad aprirsi. Ad esempio, occorrerà vedere se la Cina si dimostrerà accogliente verso di noi dopo gli accordi siglati insieme agli Usa».
Il presidente dell'Upi, concludendo, non nasconde qualche timore per il futuro. «Quando ci sono tensioni di questo tipo, per chi rappresenta le imprese non è mai un bel momento. Il rischio di stagnazione è concreto e lo dobbiamo evitare. Le imprese non servono solo a produrre, ma anche a distribuire ricchezza. Vederle in difficoltà significa mettere a rischio la crescita dell’intero Paese».
Andrea Grassi
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