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Virus cinese: bufale e verità

Virus cinese: bufale e verità

di ANNA MARIA FERRARI

29 Gennaio 2020, 12:37

Non è vero che è sempre letale, non è vero che si trasmette con il cibo. Ma preoccupa l'asintomaticità dell'esordio:  l'abc  del nuovo 2019-nCoV spiegata dall'infettivologo Calzetti

Non è vero che fa sempre morire, non è vero che basta sfiorare una persona infetta per ammalarsi. Ancora, è falso che si trasmetta attraverso il cibo ed è una bufala che sia meglio evitare i ristoranti cinesi.  Mentre cresce l'attenzione sull’infezione trasmessa dal «2019-nCoV»,  il nuovo coronavirus comparso nella  zona di Wuhan in Cina (di ieri la notizia dei primi casi  in Europa, infettati tre pazienti in Germania), lievitano anche allarmismo, fake-news, disinformazione. Ma allora, dove sta la verità?  Esiste davvero il rischio reale di  una nuova epidemia mondiale, tipo quella della Sars, oppure le misure di profilassi messe in atto sono sufficienti a proteggerci? E come dobbiamo comportarci? A spiegare bene il nuovo coronavirus, dall’origine ai sintomi alla diffusione, è Carlo Calzetti, dirigente medico del reparto Malattie infettive del nostro Ospedale.
Che cos’è il coronavirus?
Una specie di virus conosciuta e diffusa da decenni, che si chiama così perché la sua parte infettiva appare al microscopio con tante piccole punte che ricordano quelle di una corona. I coronavirus (non ce n’è solo uno) sono molto diffusi tra mammiferi e uccelli di cui attaccano l’apparato respiratorio e gastrointestinale. 
Perché si parla di  coronavirus “umano”?
Da tempo sappiamo che in alcuni casi questi virus riescono a passare agli esseri umani, causando malattie che possono essere totalmente asintomatiche o con un ampio spettro che arriva dalle infezioni delle prime vie aeree a casi gravi di polmoniti. In sostanza si verifica il cosiddetto “salto di specie”, come è accaduto, per citare alcuni esempi,  con la sindrome respiratoria mediorientale (Mers) o la sindrome respiratoria acuta grave (Sars).
Perché si chiama “nuovo” coronavirus?
Perché non era mai stato identificato nell’uomo. E’ stato denominato 2019-nCoV.
Come può essere avvenuta la trasmissione dagli animali all’uomo?
 In generale, un virus, per entrare in un organismo animale o umano, ha bisogno di trovare dei recettori che glielo consentano, cioè deve individuare  la “porta” per penetrare nelle cellule. In questo caso i coronavirus utilizzano il loro materiale genetico, l'Rna, cioè l'acido ribonucleico, per riprodursi. Noi uomini abbiamo dei recettori per i coronavirus, ma perché questo passaggio avvenga, come è successo per la Sars e la Mers, devono determinarsi alcune condizioni, ad esempio un'alta frequenza di contatti con animali infetti, soprattutto con animali vivi, ma anche con la loro carne macellata e le loro deiezioni.  Occorre il contatto ripetuto e ravvicinato con organismi  ad alta carica virale, solo allora può avvenire il cosiddetto “salto di specie”, cioè il passaggio dall'animale all'uomo, e poi l'ulteriore “salto” da uomo a uomo, seconda condizione necessaria. Deve essere però chiaro che solo una piccolissima parte dei virus che infettano gli animali è in grado di compiere questo “salto”, altrimenti, è ovvio, ci sarebbero molte più malattie trasmissibili dagli animali all'uomo. E non è così.
Così il virus diventa “umano”...
Sì, ci sono tanti esempi, nella storia della medicina, di casi di infezione uomo-uomo senza più bisogno di un'altra specie come origine. Non solo coronavirus, anche l'ebola, il morbillo, la spagnola, l'hiv. 
E' vero che  «2019-nCoV» è letale?
La mortalità sembra  inferiore a quella dell'influenza. Dai dati epidemiologici che conosciamo oggi, possiamo dire che si è rivelato letale all'incirca nel 2,8% dei casi. Ma va anche detto che la situazione è in evoluzione e il virus muta. 
 E' vero che è altamente contagioso?
Anche la virulenza e la contagiosità, secondo i primi dati, sono più basse rispetto, ad esempio, alla “vecchia” Sars.  Certo, c'è il rischio di diffusione del virus, perché, come molte malattie virali, ha un'incubazione lunga, all'incirca di due settimane, talvolta asintomatica e questo è un problema serio, perché i malati sono infettati e non lo sanno.  Inoltre i sintomi sono sovrapponibili a quelli di altre patologie. Dobbiamo entrare nell'ordine di idee che la nostra specie dovrà convivere con questo nuovo coronavirus.
Come si trasmette da persona a persona?
 Gocce di saliva o di muco da persone infette. La diffusione per via aerea sembra meno frequente. Ci vogliono contatti stretti, anche da mucosa a mucosa, e in ambienti affollati. 
 Quali precauzioni adottare?
 Quelle delle altre malattie infettive trasmissibili per contatto o via respiratoria. Lavarsi le mani spesso con acqua e sapone o con soluzioni alcoliche; starnutire o tossire in un fazzoletto e non nelle mani, perché poi si toccano oggetti, specie nei luoghi chiusi; pratiche alimentari sicure, ad esempio mangiare cibo cotto ed evitare frutta e verdura non lavate. Ma queste sono indicazioni di prevenzione sempre valide. 
 Mettersi la mascherina?
Assolutamente no, non è il caso. Vale per le persone che giungono a contatto con casi sospetti o accertati.
 Come si cura?
 Non esiste terapia, bisogna aspettare che passi. Ci sono terapie di supporto per pazienti con un quadro respiratorio grave e se sopravvengono complicazioni batteriche si introduce ovviamente l'uso di antibiotici.   
 Esiste un vaccino?
No, al momento no, perché è un virus nuovo. Lo stanno cercando.
Come si contiene la diffusione del virus a livello mondiale?
In Cina stanno facendo le cose seriamente e questo dà qualche  garanzie anche a noi. 
In Italia non si sono stati casi accertati. Come possiamo continuare a tutelarci?
Nel nostro Paese abbiamo un sistema di sorveglianza delle malattie infettive molto rigoroso. Faccio l'esempio del caso sospetto di Parma: in poche ore sapevamo che si trattava di un'influenza di tipo B, ma abbiamo aspettato i risultati di due diversi campioni. Le procedure di sorveglianza sono raffinate e le stiamo ulteriormente perfezionando, adattandole a questo virus. Ad esempio, ci sono precisi protocolli che considerano la gestione del paziente dal pronto soccorso al ricovero in reparto, che sorvegliano e codificano ogni passaggio. Anche per la gestione al di fuori dell'ospedale esistono regole ben precise, dal trasporto in ambulanza ai presidi sanitari da adottare e via dicendo. I protocolli stabiliscono anche il tipo di comunicazione sanitaria, ad esempio nel caso di malattie altamente infettive ci vuole l'immediata segnalazione al telefono. La situazione è costantemente monitorata dal  Ministero, che segue le indicazioni dell'Oms che ha definito l'alert internazionale “alto”. Qui in Ospedale abbiamo riunioni per mettere a punto le azioni. L'alert è alto e questa è una garanzia fondamentale.

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