Cardiologia
Risponde Aderville Cabassi Cardiologo, responsabile del Centro ipertensione e malattie cardio-renali della Clinica medica dell'Azienda ospedaliero-universitaria
Pressione alta, killer silenzioso. Di rischi, prevenzione e terapia ci parla il professor Aderville Cabassi, cardiologo, responsabile del Centro ipertensione e malattie cardio-renali dell'Azienda ospedaliero-universitaria.
Che cos’è l’ipertensione arteriosa?
La ipertensione arteriosa rappresenta un fattore di rischio vascolare molto comune che condiziona, se non riconosciuta per tempo e trattata adeguatamente, lo sviluppo e la progressione di malattie cardio e cerebrovascolari quali l’infarto miocardico e l’ictus cerebrale. In Italia circa il 20% della popolazione dai 18 anni in su presenta valori pressori eccedenti i limiti di norma (pressione massima o sistolica maggiore di 140 mm Hg e/o pressione minima o diastolica maggiore di 90 mm Hg); tale percentuale incrementa a oltre il 50% se consideriamo la fascia di popolazione con più di 60 anni di età. Buona norma è quindi misurare periodicamente i valori di pressione arteriosa dal medico di famiglia, ma soprattutto, considerando anche la affidabilità e la accuratezza degli apparecchi elettronici ora disponibili sul mercato a prezzi ragionevoli, misurarla a domicilio (i limiti di normalità a domicilio sono 5 mm Hg in meno rispetto a quelli nell’ambulatorio del medico di famiglia).
Come si misura la pressione?
Fondamentale è prestare attenzione ad alcuni accorgimenti: porsi in posizione comoda, seduti da almeno 5-10 minuti, con le braccia appoggiate sul piano di un tavolo, con i piedi appoggiati a terra e le gambe non accavallate. Le dimensioni del bracciale che dell’apparecchio che utilizziamo deve essere adeguato alle dimensioni del proprio braccio. La rilevazione della pressione arteriosa prevede non una singola misurazione ma misurazioni ripetute a distanza di alcuni minuti una dall’altra (vengono suggerite 3 misurazioni).
Quali sono i sintomi?
Nella stragrande maggioranza dei pazienti la ipertensione arteriosa è asintomatica e rappresenta un riscontro casuale, per questo motivo è stata definita il killer silenzioso. I sintomi, peraltro molto rari, risultano essere aspecifici quali la cefalea, difficoltà a concentrarsi. Non dando sintomi è fondamentale il controllo periodico dei valori pressori anche in persone che non presentano disturbi.
E le cause?
Nella maggioranza dei pazienti non sono identificabili (in circa il 90% dei casi). Si tratta in questi casi della forma di ipertensione «essenziale o primaria» nella quale frequentemente è presente una familiarità. Avere una familiarità per ipertensione arteriosa (la madre o il padre) comporta avere una predisposizione a sviluppare pressione arteriosa elevata nel corso della vita (in genere oltre i 40 anni). Ribadisco che la pressione arteriosa non è una malattia ereditaria e quindi non tutti i figli di soggetti ipertesi diventeranno ipertesi nella loro vita. In una più limitata percentuale di casi (attorno al 10%) è possibile invece individuare una precisa causa della ipertensione arteriosa (viene denominata «ipertensione secondaria») e in quel caso la rimozione della causa porta alla risoluzione del quadro ipertensivo e il soggetto ritorna ad avere i valori di pressione arteriosa normali. Le cause posso essere alterazioni a carico di organi endocrini (quali le ghiandole surrenali, la tiroide, le paratiroidi) ma anche a carico delle arterie renali e dei reni. Fondamentale quindi risulta una volta misurata la pressione e riconosciuta la condizione di ipertensione arteriosa cercare di individuare una possibile causa rimovibile.
Ci sono fattori che predispongono all’ipertensione?
Sì, certo. Alcuni di questi sono detti non modificabili: l’età per esempio rappresenta un fattore che può comportare lo sviluppo di ipertensione arteriosa. Progredendo gli anni della nostra vita si verificano una minor distensibilità e una maggior rigidità dell’albero vascolare arterioso che può portare allo sviluppo di ipertensione arteriosa. Un altro elemento non modificabile è rappresentato dalla familiarità di cui dicevo prima. Su questi fattori non possiamo influire. Mentre esistono invece numerosi fattori (modificabili) sui quali possiamo veramente intervenire.
Quali sono questi fattori?
Il fumo di sigaretta (anche la sigaretta elettronica), l’eccessivo consumo di alcol, una dieta che contiene alte quantità di sale o di calorie, la sedentarietà e le situazioni prolungate di eccesso di stress. Il fumo di per sé rappresenta un fattore che comporta una accelerazione dell’invecchiamento vascolare responsabile dello sviluppo di ipertensione arteriosa. La riduzione fino alla sospensione del fumo comporta benefici in maniera rapida e duratura non solo sulla pressione arteriosa ma anche sulla salute cardiovascolare in generale. Un altro elemento importante sia nell’uomo che nella donna è il controllo del consumo di alcol. Bere in maniera moderata (al massimo 2 bicchieri di vino o di birra al di per gli uomini e non più di 1 per le donne) è in grado di ridurre i valori pressori, l’eccesso di alcol porta facilita la ipertensione arteriosa.
I cibi salati sono da evitare?
Anche l’eccesso di sale (sodio cloruro o sale da cucina) può facilitare lo sviluppo di ipertensione arteriosa. I cibi salati vanno consumati con moderazione. Anche l’eccesso di calorie, l’eccesso di peso e all’obesità vera e proprio facilitano lo sviluppo di ipertensione arteriosa. Il consumo di frutta di verdura e di prodotti lattiero caseari a basso consumo di grassi e di sale comporta una protezione nei confronti del rialzo dei valori pressori. Un altro fattore modificabile da considerare è rappresentato dalla sedentarietà; sia in senso di prevenzione della ipertensione che in senso di miglior controllo della pressione arteriosa in chi è già iperteso agisce la pratica dell’esercizio fisico, che dovrebbe essere prevalentemente aerobico (30 minuti, 5-7 volte alla settimana).
Come si cura?
Abbiamo appena indicato prima una parte fondamentale della cura della ipertensione arteriosa che comprende in un termine inclusivo un corretto stile di vita e quindi la cura non farmacologica. Questa è un elemento di grande rilievo da considerare accanto alla terapia farmacologica che attualmente vede la disponibilità di diverse classi di farmaci antipertensivi molto efficaci e ben tollerati che consentono di controllare (come terapia singola, ma soprattutto come combinazione di farmaci) anche quadri di ipertensione arteriosa di grado severo. Nell’approccio al paziente iperteso, in cui si sospetta una causa secondaria, fondamentale arrivare alla diagnosi perché la cura consiste nella rimozione della causa che sia endocrina o vascolare.
L’aspetto ancora oggi più importante è che il riconoscimento della ipertensione arteriosa in una persona e il suo trattamento adeguato hanno consentito nelle ultime decadi una chiara riduzione della mortalità e morbilità cardio e cerebrovascolare nella popolazione ma che risulta ancora elevata e sulla quale possiamo fare ancora tanto. Per beneficare a pieno delle efficaci terapie farmacologiche che abbiamo a disposizione sono fondamentali vari elementi tutti molto importanti: la consapevolezza della propria condizione clinica, la necessità di controllare la pressione arteriosa in maniera adeguata e la aderenza alla terapia consigliata. Quest’ultima rappresenta un problema in quanto oltre circa la metà dei pazienti ipertesi non risulta aderente alla terapia farmacologica antipertensiva a distanza di 12 mesi dall’inizio del trattamento. “E il farmaco non assunto non dà beneficio”. La collaborazione fra paziente, medico, infermiere, farmacista (inserendo anche familiari dei pazienti o care-givers rappresenta l’elemento necessario perché la adeguata aderenza alla terapia antipertensiva si declini nel controllo di questo comune e pesante fattore di rischio quale è la ipertensione arteriosa
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