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Scuola e mondo del lavoro: la forza dei professionali

Scuola e mondo del lavoro:  la forza  dei professionali

di Mara Varoli

02 Novembre 2022, 10:32

Troppo spesso al momento dell'iscrizione alle superiori non si pensa ai desideri veri dei ragazzi, che magari a un liceo preferirebbero un buon professionale, per inserirsi facilmente nel mondo del lavoro. E l'Ipsia Primo Levi in fatto di risultati occupazionali dei propri diplomati rappresenta un'eccellenza, nonostante i problemi che oggi più che mai deve affrontare un istituto di questo tipo. E guarda caso a Cervia c'è appena stato il convegno nazionale degli istituti professionali.
«Noi insieme al Giordani e ad altre scuole del parmense, facciamo parte del Consorzio nazionale degli istituti professionali, che tutti gli anni propone un interessantissimo convegno di tre giorni con la partecipazione di esperti qualificati e di istituti professionali da tutto il territorio nazionale - spiega Federico Ferrari, preside dell'Ipsia Primo Levi -. Quest'anno a Cervia, sede del Convegno, il focus degli interventi e dei dibattiti erano i fondi del Pnrr relativi ai prossimi due anni e lo stato dell'arte sulla riforma dei professionali, che arriva a regime quest'anno con le classi quinte. Il tema dei fondi Pnrr, che a dire il vero sono stati largamente concessi alle nostre scuole, è oggi la principale fonte di attenzione da parte delle scuole e dei dirigenti scolastici, anche perché le somme sono oggettivamente ingenti ed è una grande responsabilità da parte degli istituti di scegliere le strade giuste, che siano innovative e aderenti alle linee guida europee e ministeriali ma soprattutto che provochino una ricaduta concreta e strutturale nelle nostre scuole. Dopo un lungo periodo di "vacche magre", in questi anni le scuole hanno avuto opportunità e risorse da impiegare ma un nuovo e futuro periodo di austerity potrebbe essere sempre alle porte, quindi è importante non perdere queste occasioni. Per quanto riguarda la riforma dei professionali, nonostante tutte le difficoltà e nonostante il fatto che certi meccanismi didattici relativi alla personalizzazione - che è il cuore della riforma - non siano ancora del tutto metabolizzati dai docenti, possiamo dire che la direzione di percorso è quella giusta. Lo dimostra il fatto che ora questo tipo di didattica sta per essere attivata anche negli Itis».

La scuola professionale è oggi più che mai una scuola superiore di serie A, proprio per le richieste di lavoro: quale l'offerta formativa e quali gli sbocchi occupazionali?

«Se una scuola si dovesse autovalutare in base al raggiungimento dei suoi obiettivi primari, nel nostro caso il raggiungimento di competenze riconosciute nei nostri studenti in uscita tali da rendere possibili un pronto e facile inserimento nel mondo del lavoro e nei settori specifici di pertinenza dei nostri indirizzi, il nostro istituto potrebbe ben a ragione considerarsi una scuola di eccellenza: infatti, non solo gli studenti sostengono l’esame di stato alla fine delle classi quinte con risultati mediamente più che soddisfacenti ma, soprattutto e specialmente in certi indirizzi, dopo la fine degli studi hanno subito diverse offerte di lavoro, tra le quali possono addirittura scegliere quella più a loro congeniale. In tutti i settori, dagli elettrici alla moda, dai meccanici impianti ai meccanici autoriparatori, dai chimici ai termoidraulici, l'obiettivo principale della nostra scuola, in quanto istituto professionale, si può dire pienamente raggiunto. Poi, se invece guardiamo ad altri indicatori, quali i risultati delle prove standardizzate nazionali Invalsi e, soprattutto, il tasso di dispersione scolastica del nostro istituto, allora bisogna ammettere che la nostra scuola ha ancora diverse problematiche da risolvere. Non nascondo che anche la gestione delle classi prime, a volte, crea problemi, comuni ahimè a tutte le scuole in questa fase storica».

Come sono andate le iscrizioni per questo anno scolastico? Siete riusciti a fare tutte le prime o manca qualche indirizzo?

«La nostra scuola storicamente vive due fasi distinte nella tempistica delle iscrizioni: la fase principale, quella ormai del tutto informatizzata che si chiude a gennaio - febbraio, evidenzia relativamente pochi iscritti, ma poi, da giugno a settembre, la nostra utenza di riferimento è numerosa a chiedere, anzi, in certi casi a pretendere la iscrizione. La sede di Parma dell'ufficio scolastico regionale conosce bene queste dinamiche e fortunatamente ci dà la possibilità di formare delle classi prime anche con numeri relativamente bassi, proprio perché sanno bene che gli iscritti poi arrivano e sono tanti. Il problema è che per formare le classi prime e stabilire di conseguenza gli organici dei docenti non possono andare al di sotto dei numeri minimi prescritti dalle normative, per cui purtroppo quando arriva fine agosto - inizio settembre dobbiamo rifiutare molte iscrizioni perché non ci sono le classi sufficienti. E tutte le nostre prime sono sui 30 studenti, alcune anche oltre ai 30. Purtroppo è così, dico purtroppo perché soprattutto nelle classi prime sarebbe necessario avere numeri più piccoli per gestire meglio la didattica che, come detto sopra, nei professionali deve essere personalizzata. Questa dinamica porta in certi anni a non riuscire a formare una delle classi che tradizionalmente costituiscono la nostra proposta formativa: quest'anno, per esempio, non siamo riusciti a formare la prima di chimica e la seconda prima di elettrici ma in compenso abbiamo due prime di moda e due prime di autoriparatori. Se tutte le nostre potenziali iscrizioni arrivassero in tempo a febbraio per via telematica, invece di sette prime ne faremmo almeno due di più».

Qual è il valore aggiunto che lei e il suo staff avete dato al Primo Levi per aggiornare sempre di più la scuola?

«Il principale valore aggiunto della nostra scuola sono i suoi docenti, che sono veramente straordinari, per competenza, pazienza, disponibilità, capacità di ascolto, anche e soprattutto in considerazione del fatto che alcuni dei nostri studenti delle prime classi sono a volte soggetti difficili e piuttosto refrattari alla scuola tradizionale. Per questo cerchiamo di operare al massimo grado possibile nella direzione della didattica laboratoriale ed innovativa, personalizzata su ogni singolo studente. Poi da alcuni anni stiamo lavorando per rinnovare le infrastrutture: abbiamo acquistato nuovi macchinari nel settore meccanico, abbiamo completamente rifatto il laboratorio di informatica del settore moda per la modellizzazione 2D e 3D, con i Pon europei dello scorso anno abbiamo completato il cablaggio e l'allestimento tecnologico in tutte le aule e in tutti i laboratori e con i fondi del Pnrr stiamo per allestire tre spazi 4.0 multifunzionali, dotati di postazioni pc collegate alla rete e di visori a realtà virtuale, e un nuovo grande laboratorio per la stampa 3D dei metalli. Nel settore chimico, inoltre, dal prossimo anno ci si focalizzerà particolarmente nei percorsi diretti verso l'industria alimentare, così importante nel nostro territorio».

Oggi la scuola è costretta ad affrontare una complessità importante, soprattutto dopo la pandemia. Quali forze, supporti e strategie avete messo in campo?

«Oggi l'emergenza educativa più rilevante è la tenuta comportamentale degli alunni più giovani, nella nostra scuola in particolar modo sono gli studenti delle classi prime, che in molti casi sono iper - reattivi e poco disposti a seguire regole rigide e normali prescrizioni operative, che loro vivono come imposizioni inaccettabili. Il problema è molto complesso e investe mutamenti antropologici e generazionali. Noi, come la gran parte delle scuole, lo scorso anno avevamo a completa disposizione di tutti gli studenti una professionista bravissima che forniva supporto psicologico e orientativo tutte le mattine per tre ore al giorno. Non basta questo, però, e tutti i giorni i docenti fanno uno sforzo veramente rilevante per cercare di rompere questa corazza protettiva di cui i ragazzi si circondano e per entrare in comunicazione vera con loro».

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