Lutto
«Ha lottato come un leone, fino alla fine». Mirko Ballerini non è riuscito, purtroppo, a vincere la sua battaglia contro la malattia, ma ci ha provato per mesi, per anni, fin da quando, nell’estate del 2018, gli esami del sangue hanno lasciato intendere che qualcosa non stesse andando per il verso giusto.
Il prossimo dicembre Mirko avrebbe compiuto 50 anni, un traguardo importante. Invece se n’è andato, nella notte tra venerdì e sabato, lasciando senza parole le tantissime persone che lo conoscevano e gli volevano bene. Che avesse carattere, Mirko Ballerini lo aveva sempre dimostrato: in famiglia, al lavoro, nello sport. Dall’inizio dell’anno era ricoverato all’Ospedale Maggiore, nel tentativo di guarire da una malattia subdola che lo teneva lontano dai suoi affetti: i genitori, la sorella Lisa, la moglie Valentina, le figlie Camilla, di 13 anni, e Carola, 7 anni. «In questi anni - racconta Lisa - ne ha dovute passare tante, troppe, ma ha sempre superato tutto: prima le cure, poi l’auto trapianto di cellule staminali, che dopo una prima leggera ripresa si è rivelato insufficiente. Pochi mesi fa ha sconfitto anche il covid. Ma la malattia no, quella non era sconfitta. L’ultima speranza era il trapianto di midollo da donatore». Anzi, da donatrice: sua sorella. «Speravo davvero che questa parte di me potesse salvargli la vita». Invece, dopo i primi segnali incoraggianti, le sue condizioni si sono aggravate, fino alla notte scorsa.
Tutte le morti ci sembrano ingiuste, ma alcune più di altre. Ed è il caso di Mirko: una persona unica, dal carattere solare, umile, generoso, sempre disponibile per tutti. Il suo sorriso mancherà molto dietro al bancone dell’Enoteca Fontana di via Farini, dove ha lavorato negli ultimi 25 anni. «Ha iniziato quando c’era ancora mio padre - ricorda Fabrizio Fontana -. È una perdita enorme. Mirko era un ragazzo buono, onesto, di sani valori, oltre che molto bravo nel suo lavoro. Preparava i panini ma era capace di fare tutto, non si è mai tirato indietro quando c’era qualcosa da fare. A Natale era tornato a lavorare per un po’, sembrava stesse meglio». «In questi mesi - continua Fontana - i clienti hanno continuato a chiedermi di lui, volevano avere notizie, sapere come stava. Gli volevano tutti bene ed è facile capire il perché».
Mirko amava il suo lavoro, il contatto con il pubblico. Dopo il diploma all’istituto alberghiero aveva lavorato alla Trattoria del Cacciatore, a Frassinara, e poi alle Tre Ville, prima di approdare all’enoteca di via Farini. Era anche molto conosciuto nel mondo del podismo provinciale, come dimostrano i tanti messaggi di affetto pubblicati sua pagina Facebook. Da anni vestiva la maglia dell’Atletica Manara. «Lo incontravo spesso all’uscita della Cittadella mentre terminava il suo allenamento quotidiano prima di andare la lavoro, sempre con il sorriso sulle labbra - ricorda Graziano Berti, segretario della squadra -. Mirko era un gran bravo ragazzo, educato, gentile. Mi ha scritto a inizio anno per il rinnovo del tesseramento; mi ha detto che si stava curando per poter tornare ad essere dei nostri».
Quando non correva, Mirko andava alla pista di atletica a fare il tifo per le figlie, giovanissime portacolori dei Forrest Kids. «Era un papà molto attento, molto dolce, affettuoso e presente - ricorda una delle allenatrici, Francesca Rubaldo -. Appena il lavoro gli concedeva qualche momento libero lui passava dal campo a vedere gli allenamenti. Veniva sempre alle gare, l’ultima volta è stato lo scorso inverno. E anche quando non poteva esserci, faceva il tifo a distanza. Camilla è brava, ha vinto diverse gare e la spronava sempre, ma nel modo giusto: per lui la cosa più importante era che si divertisse». «Mio fratello era una persona meravigliosa - conclude Lisa -. Voleva bene a tutti. Amava la sua moto, amava correre, amava disegnare, era bravissimo anche in quello. Dalla sua camera, in ospedale, ha fatto disegni bellissimi, che ho voluto conservare. C’è sempre stato, per me, per i nostri genitori. Per Valentina, che amava moltissimo, e per le sue figlie. Viveva per loro. Ed è per riabbracciare loro che avrebbe voluto tornare a casa dall’ospedale. Non potendo fare vacanze avrebbero trascorso qualche giornata di agosto nelle colline di Selva del Bocchetto dalle amiche Maria e Angela. Ci ha provato, fino all’ultimo».
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