OMICIDIO DI VICOFERTILE
A 20 anni è un orizzonte che si restringe sempre più. Nessuno sconto né la possibilità di una perizia psichiatrica: è ancora ergastolo per Patrick Mallardo, l'incappucciato che nella notte tra il 4 e il 5 maggio 2021 si infilò nel rudere di Vicofertile e straziò Daniele Tanzi, 18 anni appena, con 33 coltellate. La Corte d'assise d'appello di Bologna, presieduta da Orazio Pescatore, ha confermato la sentenza di Parma dello scorso aprile.
Mallardo aveva condannato il ragazzo che aveva preso il suo posto accanto a Maria Teresa Dromì, l'ex fidanzata con cui aveva condiviso anni intensi e travagliati. Ma quella notte aveva voluto punire anche lei, che se ne era andata e ogni tanto tornava. La difesa ha chiesto ancora una volta di indagare nella mente di Mallardo, ma i giudici d'appello hanno respinto la richiesta. Un no pesante, se si considera che anche il sostituto procuratore generale Licia Scagliarini ha sostenuto (inaspettatamente) l'istanza, mentre il pm Fabrizio Pensa, titolare dell'inchiesta, si era sempre opposto alle richieste della difesa sia durante le indagini che a processo.
La Corte d'assise d'appello è andata spedita verso la decisione: a fine mattinata il dispositivo era già scritto. Poche righe per dire che non c'era nulla da «correggere» della sentenza di primo grado. Ha retto l'aggravante dei futili motivi, che da sola porta dritto all'ergastolo, dopo che in primo grado era caduta la premeditazione (e la procura non aveva impugnato). Ma su Mallardo pesavano anche le lesioni personali nei confronti di Maria Teresa, aggredita e ferita quella sera, le minacce perché la ragazza raccontasse ai poliziotti la versione dell'uomo nero arrivato improvvisamente nell'immobile abbandonato di via della Liberazione, oltre che il porto abusivo del coltello. E con il sigillo sulla sentenza di primo grado, vengono confermati anche i risarcimenti per le parti civili: 920mila euro come provvisionale complessiva per la madre, il padre e i due fratelli di Daniele, residenti a Casalmaggiore, 2.000 euro per Maria Teresa Dromì e 500 euro per l'associazione di solidarietà sociale Gens Nova. «Si tratta di una sentenza che è stata accolta con senso di liberazione da parte dei miei assistiti - sottolinea Francesco Mattioli, difensore della famiglia Tanzi -. La Corte d'assise d'appello ha evidentemente condiviso interamente le argomentazioni della Corte d’assise di Parma. Credo che che nella conferma della sentenza abbia inciso la totale assenza di pentimento da parte del Mallardo».
Non ha detto nulla nemmeno ieri. Aveva invece parlato durante il processo a Parma, decidendo di rispondere alle domande delle parti. Ma per balbettare parole sconcertanti: «Il carcere mi ha cancellato la memoria», aveva detto. Eppure, poco dopo il delitto, aveva confessato tutto agli inquirenti (seppure senza la presenza di un difensore) e anche quando era già in via Burla, a più di un mese di distanza dall'omicidio, aveva riferito alla madre: «Tutti i movimenti me li ricordo, filo per filo...». Ma allora perché quelle dichiarazioni in udienza? «Dettate da una strategia processuale, quella di apparire come persona incapace di intendere e volere», aveva scritto la Corte d'assise, presieduta da Alessandro Conti, nelle motivazioni della sentenza di primo grado.
Nessuna ombra di follia, secondo i giudici. Quel 4 maggio Mallardo aveva saputo che Maria Teresa era tornata al fianco di Daniele, nonostante quattro giorni prima fosse di nuovo uscita con lui. E alle 10 di sera, dopo i messaggi ricevuti dalla ragazza, aveva avuto la certezza che lei e Daniele erano nella struttura abbandonata di Vicofertile. Così aveva inforcato la bicicletta, chiesta in prestito a un amico, e aveva cominciato la sua spedizione di morte alla «fabbrica»: nello zainetto una lampada, gli indumenti di ricambio e un coltello da cucina. Per colpire Daniele, addormentato accanto a Maria Teresa su quel materasso gettato a terra.
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