OMICIDIO DI VICOFERTILE
«Stavo pensando di fargliela pagare anche a lei, alla bionda». E' Patrick Mallardo che parla in videochiamata dal carcere con la madre un mese e mezzo dopo essere stato arrestato. Dopo aver straziato con 33 coltellate Daniele Tanzi, 18 anni compiuti da poco e una «colpa» imperdonabile: avere preso il suo posto accanto a Maria Teresa Dromì, l'ex ragazza con cui ogni tanto si incontrava ancora. Solo qualche settimana prima, nella notte tra il 4 e il 5 maggio 2021, ha ucciso Daniele nella struttura abbandonata di Vicofertile, eppure progetta vendette nei confronti dell'ex fidanzata (che poi non porterà a termine). «Pur in questa fase mai emerge una parola di compassione per la vittima o anche solo per la Dromì», scrivono nelle motivazioni della sentenza i giudici della Corte d'assise d'appello di Bologna che lo scorso 25 gennaio hanno confermato la condanna all'ergastolo per Mallardo.
Non c'è ombra di pentimento. E anche il suo comportamento processuale è stato «pessimo», annota la Corte. In aula, davanti ai giudici parmigiani, Mallardo, 20 anni, ha raccontato di non ricordare nulla dell'omicidio, eppure sempre in quella telefonata dal carcere alla madre aveva detto: «... tutti i movimenti me li ricordo, filo per filo». Non solo. Quando in aula aveva ricostruito qualche sequenza di quella notte aveva detto «il falso - sottolinea la Corte d'assise d'appello - sostenendo che la Dromì e Tanzi erano svegli ed erano in una situazione di tensione». Ma Daniele e Maria Teresa dormivano su un vecchio materasso gettato a terra nell'ex fabbrica, quando Mallardo si è avventato su Daniele e ha ferito la ragazza a un braccio. Un comportamento processuale e una serie di menzogne che hanno convinto i giudici a non concedere alcuna attenuante.
Ha retto l'aggravante dei futili motivi, che da sola porta dritto all'ergastolo, perché «l'imputato - annotano i giudici - viveva la donna come cosa propria e non accettava la sua autonomia e il suo modo di atteggiarsi, e quindi si è vendicato uccidendo il rivale». Ma su Mallardo pesavano anche le lesioni personali nei confronti di Maria Teresa, aggredita e ferita quella sera, le minacce perché la ragazza raccontasse ai poliziotti la versione dell'uomo nero arrivato improvvisamente nell'immobile abbandonato di via della Liberazione, oltre che il porto abusivo del coltello.
Eppure, la difesa - gli avvocati Raffaella Santoro e Francesco Savastano - hanno insistito anche in appello sulla richiesta di una perizia psichiatrica, supportati anche dal sostituto procuratore generale Scagliarini. Ma come in primo grado, anche in appello la Corte ha ritenuto che «non vi fossero elementi per dubitare dell'imputabilità dell'imputato». Prima dell'omicidio Mallardo «si rapporta sempre conseguentemente e coerentemente ogni qualvolta si trova ad affrontare le varie circostanze della vita» e anche durante il delitto dimostra «lucidità», considerando che si toglie le scarpe prima di avvicinarsi a Daniele e Maria Teresa, si cambia dopo l'omicidio con gli indumenti che si è portato nello zaino, getta la felpa e il coltello nel canale che scorre accanto alla struttura abbandonata e confeziona anche un depistaggio parlando inizialmente di un uomo incappucciato incrociato mentre lui sta arrivando. Anche le visite psichiatriche in carcere hanno sempre dato atto di «un soggetto tranquillo, vigile e lucido», scrivono i giudici. Solo in un caso sono stati rilevati tratti del cluster B, «quindi - aggiunge la Corte - a tutto concedere si sarebbe comunque ben lontani dai gravi disturbi della personalità tali da integrare una vera e propria infermità mentale».
Nessuna follia. Ma «oltre 30 coltellate inferte con energia in zona vitale», evidenziano i giudici. La determinazione di uccidere.
Georgia Azzali
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