IL RICORDO
La scomparsa a 54 anni di Stefano Sforza, chimico e docente dell'Università di Parma, ha colpito profondamente i colleghi dell'ateneo, che lo ricordano commossi con questo scritto.
Chi era (è) Stefano Sforza? Un ricercatore e un docente appassionato, animato da un entusiasmo contagioso per lo studio, la ricerca e la didattica della chimica e delle sue applicazioni nel campo delle scienze degli alimenti. Un ricercatore che sapeva trasmettere la sua passione ai collaboratori e un docente che sapeva interessare ed entusiasmare gli studenti, che lo hanno sempre apprezzato per il suo modo coinvolgente di fare lezione, la sua capacità di suscitare interesse, la sua pazienza nel seguirli nel processo di apprendimento della chimica e della chimica organica, materie spesso ostiche, ma che lui sapeva rendere comprensibili con un linguaggio rigoroso ma semplice e con esempi legati alle esperienze di tutti i giorni. Amava le sfide, voleva sempre fare un passo avanti e oltre, come quando da giovane dottorando aveva partecipato al concorso per diventare astronauta, segno non di fantasiosa ambizione, ma della sua determinazione a mettersi in gioco e a cercare sempre di superare il limite.
Questa determinazione l’ha portato ad affrontare nella ricerca tematiche di frontiera particolarmente complesse, come lo studio degli acidi peptido-nucleici, innovativi sistemi per il riconoscimento delle sequenze geniche, con rilevanti applicazioni nel campo della medicina e delle scienze degli alimenti.
Proprio alle scienze degli alimenti ha dato un contributo fondamentale come innovatore e pioniere nello studio della chimica delle proteine e dei peptidi, approfondendo con metodi innovativi di indagine il loro ruolo tecnologico e nutrizionale negli alimenti, investigando le proprietà degli allergeni alimentari e l’applicazione della proteomica e della peptidomica alla determinazione dell’autenticità dei prodotti alimentari.
Gli interessi di ricerca si sono poi allargati allo studio del recupero e della valorizzazione dei sottoprodotti dell’industria alimentare, allo studio della applicazione degli insetti per la produzione di alimenti e mangimi e, più in generale, al tema dei novel foods, temi sui quali Stefano ha giocato un ruolo da pioniere per l’Ateneo parmense.
Le sue ricerche e la sua incredibile passione per la ricerca ci hanno insegnato come la conoscenza approfondita delle biomolecole a livello molecolare, che solo un chimico può raggiungere, sia di fondamentale importanza per capire i meccanismi naturali e fisiologici.
Il suo entusiasmo, le sue idee innovative e la capacità di relazionarsi con gli altri hanno dato luogo a collaborazioni internazionali di cui tuttora e in futuro il gruppo di ricerca continuerà a beneficiare. Profondamente convinto della ricchezza derivante dallo scambio e dal confronto, Stefano si è infatti speso moltissimo a livello internazionale, coltivando profondi rapporti di collaborazione con moltissimi gruppi di ricerca riconosciuti a livello mondiale, e in primis con il gruppo di Food Chemistry dell’Università di Wageningen, presso il quale ha rivestito per anni il ruolo di Visiting Professor.
La sua esperienza internazionale l’ha portato a ricoprire il ruolo di delegato del rettore alla ricerca internazionale, ruolo in cui si è speso con tutto sé stesso per migliorare la partecipazione e i risultati dell’Ateneo nei progetti europei, mettendo le sue competenze al servizio degli altri ricercatori.
Il suo agire è sempre stato animato da un profondo senso dell’istituzione, in cui i successi personali e del suo gruppo erano intesi come successi dell’Università di Parma. Un senso dell’istituzione che non ha mai smesso di testimoniare e trasmettere a collaboratori e studenti.
Anche nelle divergenze di opinioni e nelle discussioni, talvolta (spesso) animate, ha sempre avuto uno spirito costruttivo, propositivo e positivo, aperto al dialogo e al confronto, pur nella determinazione nel proporre e portare avanti le proprie idee. Mai si è tirato indietro di fronte alle sfide e alla possibilità di vincerle, neppure a quelle con la malattia, nella profonda convinzione che con l’impegno e la volontà si possono sempre superare i propri limiti.
E forse proprio questo spirito è il dono più grande che lascia a noi e a chi come noi lo ha conosciuto e ha condiviso con lui tanti anni di un cammino di crescita professionale e personale, fatto anche di momenti ludici, di condivisione e di profonda e vera amicizia.
Con questo e con tutto quello che ci hai insegnato proveremo a colmare il vuoto incolmabile che in questo momento ci affligge.
Ciao Stefano.
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