L'intervista
Maurizio Ganz, domani sera c'è Parma-Atalanta: con quale maglia vorrebbe giocarla?
«Mettiamola così: diciamo che vorrei giocarla questa partita. Il calcio attuale lo percepisco molto in linea con quelle che erano le mie caratteristiche: per tecnica, rapidità, capacità di attaccare gli spazi, mi vedrei ancora molto bene in campo».
Abbiamo capito: si sente il cuore diviso a metà.
«Naturale che sia così. Parma e Atalanta, pur in momenti diversi, sono state due tappe molto importanti per la mia carriera. A Parma ho conquistato la prima promozione da calciatore vero: ero arrivato qui molto giovane, in prestito, non è stato facile. Però se penso a quei cinque gol, compresi i due nel derby… Se non sbaglio, è stata anche la prima volta che il Parma si è ritrovato in testa alla classifica nel campionato di B. All'Atalanta, invece, ho vissuto quattro stagioni intense, con una retrocessione dolorosa ma anche con una grande risalita: nel 1994-95 misi a segno 14 reti in 20 partite. Bergamo mi ha lanciato».
Cosa ha detto, per le due squadre, questo primo scorcio di stagione?
«L'Atalanta sta confermando la bontà del lavoro di Gian Piero Gasperini, un tecnico che ha saputo dare alla squadra un'identità di gioco ben definita: non esagero affatto dicendo che il calcio che praticano gli orobici non lo si vede in nessuna parte del mondo. Ha vinto le ultime sei, tra cui quella in casa del Napoli dando un segnale forte alle big e a tutto il campionato. Non mi sorprende neanche il cammino che la squadra sta facendo in Champions, vista la mentalità e la consapevolezza che i giocatori hanno acquisito. L'Atalanta è un modello virtuoso anche per quanto concerne l'organizzazione e struttura societaria: merito della visione lungimirante di Percassi».
E la formazione di Pecchia invece?
«Ho visto dal vivo il Parma in due occasioni, quest'anno. La squadra esprime un buon calcio: peccato per i tanti punti persi per strada, soprattutto in casa. I crociati hanno raccolto meno di quanto avrebbero meritato, non credo ci siano dubbi su questo».
Al netto del fatto che parliamo comunque di una neopromossa, come se lo spiega questo rendimento così altalenante?
«La serie A è un campionato durissimo, ben diverso da quello cadetto dove c'è senz'altro più equilibrio: con avversari di un certo calibro è difficile trovare la giusta continuità, sia in termini di espressione di gioco che di risultati».
Lei che di gol se ne intende: una sfida nella sfida è quella tra Bonny e Retegui.
«Bonny mi ha impressionato per forza e tecnica: un giocatore caparbio, che lotta su ogni pallone. Retegui sta certificando tutte le sue qualità, all'interno di un impianto di gioco consolidato. Non è una novità che a Bergamo gli attaccanti trovino un ambiente ideale per esprimersi, lo dice la storia. Da lì, negli ultimi trent'anni, sono passati grandi bomber: su tutti Pippo Inzaghi e Vieri, prima ancora lo stesso Caniggia. Nel mio piccolo, anch'io ho fatto qualcosa in maglia nerazzurra. Giocare nell'Atalanta, evidentemente, per un attaccante è più semplice che altrove. A patto che ci siano le qualità, ovviamente».
Non solo Bonny e Retegui, in questo Parma-Atalanta. Ci sono anche altri singoli che potranno essere determinanti?
«Il Parma non avrà Bernabé, un altro giocatore che mi ha destato fin qui un'ottima impressione. La sua è un'assenza pesante. Ma Pecchia può contare su Man e Sohm, che stanno facendo bene. Dall'altra parte Pasalic e De Ketelaere hanno una marcia in più. Ma nell'Atalanta direi che è la squadra nel suo complesso a funzionare a meraviglia: loro giocano a memoria, stanno bene fisicamente e nell'uno contro uno ha interpreti che, se in giornata, possono essere addirittura devastanti».
Si dice che a Bergamo lo scudetto non sia più un'utopia: è d'accordo?
«Sarebbe fantastico se ciò accadesse. Con questo gioco spettacolare e la rosa profonda che l'Atalanta si ritrova, sognare è più che lecito».
Vittorio Rotolo
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