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PATTEGGIAMENTO

Fa prostituire la compagna e l'aggredisce con coltello e forbici: «Devi darmi i soldi»

Fa prostituire la compagna e l'aggredisce con coltello e forbici: «Devi darmi i soldi»

di Georgia Azzali

25 Aprile 2025, 03:01

«Perché?». Se l’è chiesto mille volte, Maria (la chiameremo così). Per mesi quel punto interrogativo ha continuato a pulsare nella sua mente. Perché quell’uomo l'aveva ridotta a un'ombra. Una bambola di pezza nelle sue mani, che per lui era finita su un marciapiedi, costretta anche a dargli ciò che guadagnava con uomini che le facevano ribrezzo. E poi una violenza inaudita: le botte, le ginocchiate alla fronte e la soddisfazione di ferirla alle gambe con un coltello o con la punta di una forchetta. Per un anno era stata schiava, finché - esasperata - una sera dello scorso maggio aveva chiamato il 113 mentre era in attesa di clienti in un'area di servizio. E nei giorni scorsi l'ex compagno - 37enne, romeno, rinchiuso in via Burla - ha patteggiato 3 anni e 6 mesi per maltrattamenti e lesioni aggravate.

Una vita al limite. Sempre sull'orlo del precipizio, eppure c'era stato un tempo in cui Maria, undici anni meno di lui, aveva creduto che quell'uomo l'avrebbe salvata. Appena maggiorenne era diventata madre: il primo figlio avuto dal compagno, che era al suo fianco da un anno e con cui era arrivata a Parma, vive in Romania, mentre il piccolo, nato nel novembre 2024, era stato subito affidato a una struttura di accoglienza. Mentre lei e lui vivevano in un campo rom.

Una quotidianità in bilico su un equilibrio fragilissimo, eppure fino alla primavera del 2023 non si era mai sentita umiliata, sopraffatta, in pericolo. Poi aveva cominciato a rinfacciarle che, per colpa sua, non avrebbero più visto il figlio piccolo e allo stesso tempo era diventato geloso, ossessivo, violento. Quasi ogni giorno sentiva rimbombare le sue minacce: le faceva paura dicendo che l'avrebbe riportata in Romania abbandonandola per strada e ammazzando il figlio più grande che viveva lì, ma che se lei l'avesse lasciato, smettendo così di prostituirsi, lui si sarebbe ucciso.

Padrone e regista di tutto. Anche dei suoi incontri con i clienti. Ogni spostamento di Maria era monitorato, dopo che aveva scaricato sul suo telefonino una App per geolocalizzarla. Controllava che non passasse troppo tempo con i clienti, in modo che gli appuntamenti fossero sempre più numerosi, e allo stesso tempo l'accusava di avere degli amanti ai quali avrebbe anche regalato i soldi guadagnati prostituendosi.

E poi scattavano le punizioni. Lui urlava, recriminava, minacciava e diventava sadico: più volte aveva affondato una forchetta, un coltello o un paio di forbici nelle cosce della compagna, nei polpacci e sul collo. Quei segni impressi nella pelle che non se ne andranno più.

Una gabbia di violenza e paura che la stava annientando. Fino a quel giorno di primavera. Accanto a quel distributore, aveva sentito ancora una volta la voce del compagno al telefono. Era furioso: «Ti porto a casa e ti ammazzo di botte», le aveva urlato. Ma Maria aveva chiesto aiuto.

Eppure, lui non si era arreso. Nel giro di un paio di giorni era riuscito a rintracciare la struttura protetta, a Torino, in cui Maria era stata trasferita e se l'era portata a casa. Due mesi dopo, quando lei era stata convocata in Questura, lui l'aveva tempestata di chiamate per capire cosa stesse accadendo. A Maria era stata poi trovata un'altra struttura in cui provare a ricominciare. Ma solo qualche settimana dopo, quando lui è finito in carcere, ha cominciato a respirare.

Eppure, la paura non se ne vuole andare. Come il freddo che scivola sotto pelle e sembra incancellabile.

Georgia Azzali

© Riproduzione riservata

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