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Addio ai contanti, ora anche caffè e giornale si pagano con le «carte». Le testimonianze dei parmigiani

Addio ai contanti, ora anche caffè e giornale si pagano con le «carte». Le testimonianze dei parmigiani

di Asia Rossi

18 Ottobre 2025, 03:01

«Pos o contanti?». «Pos, grazie». Il barista sorride, appoggia la tazzina e allunga il terminale. Un bip e via: il caffè è pagato. Una scena quotidiana a Parma, dove anche un espresso da un euro e venti passa ormai dal bancomat. Non è un caso isolato.

In tutta Italia la rivoluzione dei pagamenti digitali è una realtà: secondo l’Osservatorio innovative payments del politecnico di Milano, nel 2024 il valore delle transazioni elettroniche ha superato quello del contante, toccando 481 miliardi di euro, pari al 43% dei consumi. Un balzo notevole rispetto al 2020, quando si fermavano al 32%.

Dietro ai banconi e nelle tasche dei cittadini, però, la rivoluzione digitale non è uguale per tutti. Le voci raccolte tra commercianti e clienti di Parma raccontano una città divisa tra la praticità del digitale e il peso delle commissioni. In via Farini, tra cassette di frutta e profumo di pesche, la bilancia del banco di Matteo Tedoldi fa concorrenza al suono del Pos. «Quasi l’ottanta per cento dei clienti paga con la carta, anche per somme minuscole», racconta. Poi aggiunge con un sorriso ironico: «A fine anno, le commissioni valgono come una vacanza alle Maldive».

Poco più in là, in via Mazzini, dietro il bancone di un bar, Sauro Giubbani serve un espresso dopo l’altro. Anche qui, il contante sembra quasi scomparso. «Da quando è entrato in vigore il decreto che obbliga ad accettare pagamenti elettronici per qualsiasi importo, le abitudini sono cambiate completamente». Poi afferma, scherzando: «Forse bisognerebbe introdurre una piccola commissione anche per chi paga: così, magari, si tornerebbe a usare la moneta».

Ma non tutti i commercianti vivono questa transizione allo stesso modo. All’edicola di Carlo Bellingeri, infatti, il bilancio è a metà. Le riviste si sfogliano, le monete tintinnano ancora, ma sempre più spesso arriva un bip sonoro. «È un’abitudine che si è diffusa nell’ultimo anno e mezzo. Gli stranieri usano sempre la carta e anche gli italiani sembrano aver smesso di portare contanti. Quando la connessione va lenta o salta del tutto, si rischia di perdere una vendita».

Se molti esercenti si sono adattati, tra i clienti resta chi ancora difende il contante. I più anziani raccontano di preferire le banconote: un modo per «vedere» meglio le spese, per «sentire» il valore di ciò che si spende. Un pensiero condiviso anche da Rebecca Testa, che mangia un gelato davanti alla gelateria. «Preferisco i contanti», spiega sorridendo. «Mi aiutano a rendermi conto meglio di quanto spendo». Accanto a lei, Bianca Mingaia invece non ha dubbi: «Uso la carta, è più pratica. Per gli importi piccoli porto qualche moneta, ma solo per precauzione».

Anche chi ama sfogliare un libro si è abituato a pagare con un semplice tocco sullo schermo. Tra gli scaffali di una libreria del centro, Nicoletta Bianco racconta di usare quasi sempre la carta, anche per pochi euro: «Ho tutto sul telefono, è comodissimo. Porto ancora qualche banconota, ma ormai capita di rado di non poter usare il Pos». Poco distante, Andrea Amodeo e Martina Ricci passeggiano con un libro appena acquistato. Andrea preferisce il contante per le piccole spese, Martina invece sorride mostrando il volume: «Questo, l’ho pagato con la carta».

Un bip, un sorriso, un caffè. Il barista passa al cliente il terminale come fosse una tazzina: piccolo, quotidiano, inevitabile. Così suona, oggi, la modernità.

Ascom, Dall'Aglio: «Aumenta la sicurezza». Bertolotti: «Salvare la dimensione umana»
«Meno rischio furti e maggiore trasparenza»

A Parma il contante è sempre più un ospite d’altri tempi: tra bar e negozi, il portafoglio resta chiuso e la carta scivola veloce sul Pos. Un gesto ormai abituale, che segna il passaggio silenzioso verso una nuova quotidianità. A confermarlo è Ascom. Per il presidente Vittorio Dall’Aglio, la direzione è ormai chiara: il digitale è entrato stabilmente nella quotidianità degli acquisti.

«Il settore si sta adattando con sempre maggiore consapevolezza», osserva, sottolineando come la transizione verso i pagamenti elettronici sia «un passaggio che non si può più considerare opzionale, ma parte della routine lavorativa di ogni esercente». Una trasformazione che porta vantaggi in termini di sicurezza e tracciabilità: meno contante in cassa significa anche «meno rischi di furti o spaccate». Dunque lo strumento deve diventare sempre più conveniente per gli esercenti, anche perché, come ricorda Dall’Aglio, «l’accettazione dei pagamenti elettronici è ormai un obbligo di legge», tassello di un sistema che punta su «trasparenza e modernizzazione».

Sul fronte dei pubblici esercizi, però, il tema assume sfumature più pratiche. Ugo Bertolotti, presidente della Federazione pubblici esercizi di Ascom, ammette che «le commissioni restano un problema, soprattutto per le piccole attività», ma riconosce che adeguarsi è inevitabile. Più che i costi pesa la lentezza delle operazioni: per chi lavora dietro al bancone, ogni secondo conta e quei «venti secondi necessari per un caffè possono sembrare un’eternità».

Nonostante tutto, la transizione è ormai avviata. Anche le persone più anziane, nota Bertolotti, «si stanno adattando con sorprendente rapidità». Eppure il contante conserva un valore simbolico e sociale, legato a un senso di controllo e a gesti radicati nella memoria collettiva, come «il ritiro della pensione, un tempo occasione di incontro e di scambio». Per questo, conclude Bertolotti, «una piccola parte del rapporto con il cliente dovrebbe restare fuori dagli schermi, a tutela di quella dimensione umana che nessuna tecnologia potrà mai sostituire».

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