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A Campobello Forze dell'ordine a caccia dei rifugi di Messina Denaro. Nel primo covo c'era un poster di Marlon Brando ne "Il padrino" 

Trovato un terzo covo, Messina Denaro ha vissuto lì fino a giugno. A Campobello Forze dell'ordine  a caccia dei rifugi del boss

19 Gennaio 2023, 20:50

Il quadrilatero dove pare si muovesse il super latitante Matteo Messina Denaro è tutto qui, tra il rione Guaguana, vicino al cimitero comunale di Campobello di Mazara e quello dello Sperone. Un fazzoletto di case a due piani dove da lunedì si sono accesi i riflettori come fosse una scena da film.

E, invece, tra la curiosità dei giovani pronti a fare foto ai militari davanti i covi, tutto è vero tra le vie di questo piccolo paese che ora è diventato quello di Matteo Messina Denaro, nato a Castelvetrano e scovato, dopo 30 anni, nel paese dove vive il fratello Salvatore. Stasera a Campobello di Mazara si è aggiunto un ulteriore tassello a quest’indagine che tenta di ricostruire i mesi di latitanza in paese. La Polizia ha scoperto un terzo covo in cui ha vissuto il boss Messina Denaro fino  agiungo. Si tratta di un appartamento che si trova sempre a Campobello, stavolta in via San Giovanni, angolo via Santa Croce. Un immobile il cui proprietario vive fuori paese e dove, al primo piano, avrebbe abitato in affitto Andrea Bonafede con la compagna. Almeno fino a un anno fa. Mentre a piano terreno gli ampi garage sono utilizzati come ricovero di mezzi di un’azienda agricola.
La perquisizione, stavolta della Polizia di Stato, ha riacceso i riflettori su quest’angolo del rione Sperone. A poche decine di metri dal primo covo di vicolo San Vito. A piedi è una manciata di secondi, tra vie poco trafficate. La zona è quella del campo sportivo, anche questa sulla via d’uscita verso lo svincolo autostradale. Il focus degli investigatori pare si sia concentrato tutto qui, in quei due rioni del paese che si toccano e dove la vita scorre tra case disabitate e quelle, invece, dove vivono agricoltori, impiegati e liberi professionisti. Non c'è voglia di parlare tra chi passeggia in queste vie che, magari, anche il boss ha percorso in questi mesi.


Stamattina il paese s'era già svegliato con la notizia dei sigilli alla casa della madre di Andrea Bonafede in via Marsala, angolo via Cusmano. Poche centinaia di metri distante dal bunker scoperto in via Maggiore Toselli. Ieri sera è stato lo stesso Bonafede ad aprire ai militari dell’arma per un primo sopralluogo, poi i sigilli e lui è andato via da solo a bordo della sua macchina. I residenti della zona hanno vissuto un’altra giornata col presidio dei carabinieri, mentre nel vicolo San Vito sono arrivati anche i Cacciatori di Sicilia, un reparto dei carabinieri specializzato in perquisizioni e ricerca di bunker. E nel pomeriggio a Castelvetrano poche persone hanno partecipato in piazza alla manifestazione organizzata da Giuseppe Cimarosa, regista di teatro equestre e gestore di un maneggio, è figlio di Rosa Filardo, cugina di primo grado di Matteo Messina Denaro e di Lorenzo Cimarosa, morto nel 2017 dopo aver collaborato con la giustizia.
Cimarosa aveva un foglio bianco, dove simbolicamente riscrivere la nuova storia di Castelvetrano. «Ribellarsi alla mafia e gioire di questo arresto è un nostro dovere di siciliani onesti. Fino a oggi la nostra storia è stata segnata e scritta dagli errori degli altri, da oggi ce la scriviamo da soli», dice.

Nel primo covo il poster di Marlon Brando ne "Il padrino" 

Nel primo covo di Matteo Messina Denaro perquisito dal Ros, a Campobello di Mazara, i carabinieri hanno trovato anche un poster con il volto de 'Il padrino', quello interpretato nell’omonimo film di Marlon Brando. L'immagine è una stampato in con il primo piano del padrino, che indossa il papillon e una rosa rossa alla sua destra, molto simile alla locandina del film di Francis Ford Coppola in cui il protagonista - Marlon Brnado appunto - interpreta il personaggio di don Vito Corleone.

Il terzo covo

Un appartamento al primo piano di una palazzina gialla. Il paese è sempre lo stesso: Campobello di Mazara, piccolo centro del trapanese. E’ lì che la polizia ha scoperto il terzo rifugio del boss Matteo Messina Denaro, finito in manette lunedì dopo 30 anni di latitanza. A poche centinaia di metri dall’abitazione di vicolo San Vito individuata qualche ora dopo il blitz, nella quale sono stati rinvenuti documenti con delle sigle, e non distante dal bunker trovato ieri dalla Guardia di Finanza.
La casa, che il capomafia avrebbe occupato fino a giugno scorso, è in via San Giovanni. E al momento è vuota e sarebbe in vendita. All’immobile, perquisito dagli inquirenti nel pomeriggio, si è arrivati seguendo un trasloco. Sono in corso indagini per accertare se nell’appartamento siano state ricavate stanze segrete come quella scoperta ieri dalle Fiamme Gialle. Un bunker blindato nascosto da un armadio pieno di vestiti, al quale si accede da un fondo scorrevole. A dare la chiave di quel che ha definito un ripostiglio - a quanto pare pieno di scatoloni, alcuni gioielli, pietre preziose e argenteria - è stato il proprietario della casa nella quale il rifugio era stato ricavato: Errico Risalvato, fratello di un fedelissimo del boss condannato per mafia e a lungo indagato.
La Procura, guidata da Maurizio de Lucia, dovrà ora esaminare tutto il materiale recuperato dopo l’arresto: l’agenda che era nel borsello del capomafia al momento del blitz, che conterrebbe anche riflessioni e pezzi di lettere, i due cellulari di Messina Denaro, post-it, appunti e documenti con sigle, numeri di telefono, nomi e cifre che fanno pensare a una sorta di promemoria su investimenti e spese trovati nell’appartamento di vicolo San Vito e che sono ora all’analisi del Ris. Al momento non ci sarebbe invece traccia di un libro mastro.
Il Gip di Palermo ha intanto convalidato l’arresto in flagranza di Giovanni Luppino, l’uomo finito in manette col boss che era alla guida della macchina con la quale Messina Denaro ha raggiunto la clinica Maddalena, dove era in cura. «Nessun elemento può allo stato consentire di ritenere che una figura che è letteralmente riuscita a trascorrere indisturbata circa 30 anni di latitanza, si sia attorniata di figure inconsapevoli dei compiti svolti e dei connessi rischi, ed anzi, l’incredibile durata di questa latitanza milita in senso decisamente opposto, conducendo a ritenere che proprio l’estrema fiducia e il legame saldato con le figure dei suoi stessi fiancheggiatori abbia in qualche modo contribuito alla procrastinazione del tempo della sua cattura che, altrimenti, sarebbe potuta effettivamente intervenire anche in tempi più risalenti», ha scritto il pm Piero Padova nella richiesta di custodia cautelare in carcere avanzata a carico di Luppino e sulla quale il gip non si è ancora pronunciato. Per la Procura il padrino di Castelvetrano - si legge nella richiesta - sarebbe custode di segreti di alcune delle più cupe pagine della storia repubblicana».
«Non sapevo che fosse Matteo Messina Denaro, solo un pazzo avrebbe potuto accompagnarlo sapendo che si trattava del boss», si è difeso Luppino davanti al gip. Il commerciante di olive, indagato per favoreggiamento, ha sostenuto che il capomafia gli era stato presentato come cognato di Andrea Bonafede, col nome di 'Francescò, e di averlo accompagnato perchè doveva sottoporsi alla chemioterapia. E’ stata posta infine sotto sequestro la casa di proprietà della mamma di Andrea Bonafede, il geometra che ha prestato l’identità al capomafia e che ha acquistato con i soldi del boss l’appartamento di vicolo San Vito, occupato dall’ex latitante negli ultimi mesi.

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