Pietro Braghiroli
Pietro Braghiroli,
Liceo classico Romagnosi, classe 1D
Recensione di "Carmen" (11 gennaio)
Carmen: il fantasma di un'ossessione
Atto terzo, luci spente. Si alza il sipario nella sala del Teatro Regio di Parma: nel cielo azzurro della prima alba si staglia l'ombra di Micaela che porta in un passeggino il suo figlio: è l'immagine della vita perfetta che voleva Don José, che si dissolve tra le sue mani in cenere proprio come il bambino.
La regia di Silvia Paoli (produzione del teatro Regio) stravolge audacemente un classico dell'opera, mostrandoci la Carmen attraverso i ricordi del suo assassino, ora incarcerato: un Don José instabile e scosso che vede la sua amata dappertutto nelle sue allucinazioni. Striscia sotto la sua brandina, distribuisce il rancio durante l'ora d'aria, appare e gli parla anche durante le visite di Micaela, l'unica rimasta al suo fianco anche dopo l'atto estremo.
Nessuno oltre a lui la vede, nessuno può aiutarlo a fuggire dalla sua stessa follia che lo sta lentamente schiacciando.
In questo incubo che non sembra mai finire, la figura della donna, e in particolare di Carmen, viene messa in scena in maniera più che mai sensuale e estrema, in un tentativo, a mio avviso ben riuscito, di rappresentare il pensiero e le ossessioni di un uomo che ha perso la testa.
L'opera si svolge interamente nell'angustia della cella di un carcere: la scenografia di Andrea Belli, semplice e minimalista, fa un buon lavoro nel rendere in maniera suggestiva e sorprendente i ricordi di Don José senza mai uscire dall'ambiente della prigione.
Da notare anche l'onnipresenza del colore blu, specialmente nelle luci, forse un riferimento a Mirò e alla sua opera "Il colore dei miei sogni".
Meno efficaci invece i video proiettati sullo sfondo, che in molti dei casi non aggiungono nulla alla scenografia, anzi ne intaccano la semplicità e distolgono l'attenzione da ciò che avviene sul palco.
Nonostante l'acustica del teatro, l'orchestra diretta da Jordi Bernacer si rivela non essere travolgente come da aspettative: la musica passa in secondo piano, perdendo l'occasione di enfatizzare alcune delle scene più significative.
Anche il cast risulta in alcuni punti debole e titubante: poco convincenti le voci di Escamillo e Micaela, rispettivamente interpretati da Alessandro Luongo e Veronica Marini, che non brillano sul palco al contrario di Azer Zada e Ramona Zaharia, nei ruoli di Don José e Carmen.
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