A volte cerchiamo le risposte lontano da noi, in altri luoghi, in altre persone, in altre culture senza accorgerci di averle sempre avute vicine: dentro di noi, nella famiglia, in casa. Dopo una lunga carriera artistica, tre album e un EP, Guido Maria Grillo ha ritrovato sé stesso guardando indietro. Non per riproporre il passato, ma per ritrovare la via e gli stimoli necessari per guardare al futuro. La prima tappa su questa nuova (e al tempo stesso vecchia) strada è per domani, quando uscirà sul web il video di «A chi tene 'o core», apripista dell’EP che sarà pubblicato nel mese di marzo.
Il titolo in napoletano rivela le sue origini campane (è nato a Salerno ma risiede a Parma da tempo), è una caratteristica comune di tutto il lavoro e ha nobili origini: la sua famiglia materna è imparentata con Totò e fin da bambino ha respirato l’arte di Napoli, come spiega: «Un anno fa, circa, ebbi una folgorazione. Sentivo il bisogno di ricollocarmi in una contemporaneità dalla quale stavo perdendo contatto.
Sono tendenzialmente refrattario rispetto alle mode e a certi conformismi, mi piacciono le personalità che spiccano, le individualità che si differenziano, nell’arte, nella cultura ed anche nelle relazioni personali. La folgorazione fu la consapevolezza che la condizione più pura e credibile, per affrontare la contemporaneità, fosse la memoria delle radici così ho indagato a ritroso ed ho iniziato a sperimentare il napoletano; fin da subito, mi sono domandato come avessi fatto a non pensarci prima.
Ero perfettamente a mio agio nel contaminare l’italiano con il dialetto partenopeo, tanto musicale, immaginifico, lirico, malinconico, perfettamente aderente alla mia attitudine e personalità. In questo viaggio a ritroso, mi sono spesso imbattuto in ricordi legati al ramo materno della mia famiglia (De Curtis, imparentati con il “Principe” Totò), in cui tutti avevano dimestichezza con le arti e la musica, cosa di cui, ho beneficiato fin da bambino».
In questa operazione, qual è il rapporto con il passato? «Penso che per vivere il presente con originalità e personalità si debba conservare una storia, per non soccombere all’effimero. La mia non vuol essere affatto un’operazione passatista o un mero elogio del passato a scapito del presente. Me ne guardo bene, ho sempre avuto un atteggiamento molto critico rispetto a certo manierismo con cui si ricorre al passato, in modo pedissequo e fine a sé stesso, specialmente in musica. Sono un uomo del mio tempo, amo vivere la contemporaneità, ma amo cucirmela addosso. Il mio tentativo è quello di recuperare le radici, quale punto di partenza per un percorso individuale, che faccia assolutamente tesoro dell’esperienza, ma che sia in grado di ritagliarsi uno spazio unico nella contemporaneità».
Quanto si ascolta in questa canzone riflette i temi presenti in tutto l’EP? «Sì, la contaminazione tra italiano e napoletano è una costante di tutto il lavoro, così come lo è il melting pot di influenze che, necessariamente, trascina con sé. L’utilizzo del dialetto richiama colori ed armonie tipicamente partenopee, ma ogni musica del Sud è, a sua volta, la risultanza delle influenze di innumerevoli culture, specialmente quelle che appartengono alle aree del bacino del Mediterraneo. Per questa ragione, nelle mie canzoni, s’avvertono suggestioni svariate, fin quasi a lambire i lidi del Nordafrica. Tutto questo è, però, sorretto da un onnipresente elemento di contemporaneità, il più delle volte affidato a ritmiche elettroniche, suoni sintetici o filtri vocali».
© Riproduzione riservata
Contenuto sponsorizzato da BCC Rivarolo Mantovano
Gazzetta di Parma Srl - P.I. 02361510346 - Codice SDI: M5UXCR1
© Gazzetta di Parma - Riproduzione riservata